L’urlo e il furore - William Faulkner
Caddy si
affacciò sulla soglia e restò lì, a guardare il babbo e la mamma. I suoi occhi
scivolarono su di me, poi si distolsero. Cominciai a piangere. Piangevo forte e
mi alzai. Caddy entrò e si appoggiò al muro, guardandomi. Andai verso di lei,
piangendo, e lei si appiattì contro il muro; le vidi gli occhi, piansi più
forte e la tirai per la veste. Tese le mani, ma la tirai per la veste. I suoi
occhi vagavano.
Versh disse: Ora ti chiami Benjamin.
Lo sai come è andata, che ora ti chiami Benjamin. E stato per farti venire le
gengive azzurre. Mammy dice che nei tempi andati tuo nonno cambiò il nome ad un
negro, e si fece pastore e, quando lo guardavano, aveva anche lui le gengive
azzurre. Eppure, prima, non ce le aveva. E quando una donna gravida lo guardava
negli occhi a luna piena, il bambino nasceva con le gengive azzurre. E una
sera, quando già c'era una dozzina di bambini con le gengive azzurre che
giravano per il paese, il pastore non tornò più. I cacciatori di opossum ne
ritrovarono nei boschi lo scheletro. E tu sai chi l'aveva mangiato. I bambini
con le gengive azzurre.
Eravamo
nell'ingresso. Caddy stava ancora guardandomi. Aveva una mano sulla bocca, le
guardavo gli occhi e piangevo. Salimmo le scale. Di nuovo si fermò, contro al
muro, a guardarmi, e piangevo. Poi si mosse e io mi mossi, piangendo, e allora
si appiattì contro al muro, guardandomi. Aprì la porta di camera sua, ma io la
tirai per la veste e andammo verso la stanza da bagno e lei si appoggiò contro
la porta, guardandomi. Poi si parò il viso col braccio ed io la scossi,
piangendo.
Che cosa gli fai, disse Jason.
Perché non puoi lasciarlo in pace.
Non lo tocco nemmeno, disse Luster.
Ha fatto sempre così, per tutto il giorno. Bisognerebbe frustarlo.
Bisognerebbe mandarlo a Jackson,
disse Quentin. Come si può vivere in una casa così.
Se la casa non piace alla signorina,
farebbe meglio ad andarsene, disse Jason.
Me ne andrò, disse Quentin. Non aver
paura.
Versh disse:
«Scostati un poco, perché possa asciugarmi le gambe». Mi tirò indietro appena.
«Ora, non metterti a mugolare. Anche da qui puoi vederlo. Non hai altro da
fare. Non sei stato fuori, come me, sotto la pioggia. Sei nato con la camicia e
non lo sai.» Si stese sul dorso, davanti al fuoco.
«Lo sai come
è andata, che ora ti chiami Benjamin» disse Versh. «La tua mamma è troppo
orgogliosa. Così ha detto mammy.»
«Stai fermo
lì, e lasciami asciugare le gambe» disse Versh. «Altrimenti, sai cosa ti fo. Ti
sbuccio il sedere.»
Potevamo
udire il fuoco e il tetto e Versh.
Versh ritrasse
le gambe di scatto e balzò in piedi. Il babbo disse: «Stai pure, Versh».
«Gli darò io
da mangiare, stasera» disse Caddy. «Piange, alle volte, quando Versh gli dà da
mangiare.»
«Prendi
questo vassoio» disse Dilsey. «E spicciati a dar da mangiare a Benjy.»
«Non vuoi
che Caddy ti dia da mangiare» disse Caddy.
C'è proprio
bisogno che tenga quella vecchia ciabatta sudicia sulla tovaglia, disse
Quentin. Perché non lo mandate in cucina.
É come mangiare con un maiale.
Se non ti va il modo come si mangia,
disse Jason, sarebbe meglio che tu non venissi neppure a tavola.
Fumo veniva
fuori da Roskus. Sedeva dinanzi al forno. Lo sportello era aperto e Roskus vi
aveva messo dentro i piedi. Fumo veniva fuori dalla scodella. Caddy mi pose in
bocca il cucchiaio, dolcemente. Cera una macchia nera nella scodella.
Via, via, disse Dilsey. Non ti
seccherà più.
Discese fin
sotto la macchia. Poi la scodella si vuotò. Scomparve. «Ha fame, stasera» disse
Caddy. La scodella riapparve. Non potevo vedere la macchia. Poi la rividi.
«Muore di fame, stasera» disse Caddy. «Guarda quanto ha mangiato.»
Sicuro,disse Quentin. L'avete mandato
a spiarmi. Odio questa casa. Scapperò via.
Roskus
disse: «Pioverà tutta la notte».
È tanto tempo che scappi, disse Jason,
ma non vai mai più lontana dell'ora di cena.
Lo vedrai, se non scappo, disse Quentin.
«Non so
proprio che fare» disse Dilsey. «I fianchi mi dolgono tanto che posso muovermi
appena. Tutta la sera su e giù per quelle scale.»
Oh,nonmistupirebbe,disseJason.Niente,diquello
chefai,mistupisce.
Quentingettòsullatavolailtovagliolo.
Sta'zitto,Jason,disseDilsey.AbbracciòQuentin.Siedi,tesoro,disseDilsey.Dovrebbevergognarsiadare
lacolpaatechenonc'entri.
«Eccola che
ricomincia a far storie» disse Roskus.
«Chiudi la
bocca» disse Dilsey.
QuentinscostòDilseydasé.GuardòJason.Aveva
laboccarossa.Afferròilbicchiered'acquaelobrandìconlamano,guardandoJason.Dilseylapresepelbraccio.Lottarono.Ilbicchieresiruppecontrolatavolael'acquasiriversòsullatavola.Quentinsimiseacorrere.
«La mamma si
sente male di nuovo» disse Caddy.
«Ah, sì»
disse Dilsey. «Con un tempo come questo, tutti si sentono male. Quanto ci metti
a finir di mangiare, bambino.»
Vaialdiavolo,disseQuentin,vaialdiavolo.Potemmoudirlachecorrevasuperlescale.Siandòinbiblioteca.
Caddy mi
diede il cuscino, così potevo guardare il cuscino, lo specchio ed il fuoco.
«Bisogna
stare tranquilli, perché Quentin sta studiando» disse il babbo. «Che fai,
Jason.»
«Nulla»
disse Jason.
«Allora,
perché non vieni a farlo qui» disse il babbo.
Jason sbucò
fuori dal suo cantuccio.
«Che cosa
mastichi» disse il babbo.
«Nulla»
disse Jason.
«Ha
ricominciato a masticare la carta» disse Caddy.
«Vieni qui,
Jason» disse il babbo.
Jason gettò
qualcosa nel fuoco. Crepitò, si contorse, divenne nero. Poi divenne grigio. Poi
scomparve. Caddy e il babbo e Jason stavano sulla poltrona della mamma. Gli
occhi di Jason erano gonfi e chiusi, le labbra gli si muovevano, come se
assaggiasse qualcosa. La testa di Caddy riposava sulla spalla del babbo. Aveva
capelli come fuoco e piccole scintille di fuoco le brillavano negli occhi. Mi
avvicinai e il babbo trasse anche me sulla poltrona e Caddy mi tenne. Odorava
di piante.
Odorava di piante. Nell'angolo era
buio, ma potevo vedere la finestra. Mi accoccolai stringendo la pantofola. Non
potevo vederla con gli occhi, ma la vedevo con le mani e potevo udire la notte
che sopraggiungeva. Le mani vedevano la ciabatta, ma non potevo vederla con gli
occhi. Mi accoccolai, ascoltando calare le tenebre.
Eccoti, disse Luster. Guarda che ci
ho. Me lo fece vedere. Sai dove l'ho preso. Me l'ha dato la signorina Quentin.
Lo sapevo che ci sarei andato. Che fai, qui solo. Credevo che tu fossi scappato
fuori. Non bastava tutto il mugolare e sbavare che hai fatto oggi. Avevi
bisogno di andare a nasconderti in questa camera vuota, seguitando a brontolare
e a lamentarti. Vieni a letto, così posso arrivare prima che cominci. Oggi non
posso perdere tutta la serata con te. Appena sento il primo squillo di tromba,
me la squaglio immediatamente
Traduzione di Augusto
Dauphiné
Nessun commento:
Posta un commento