14 settembre 2019

da Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa

Renato Guttuso - Natura morta con drappo e spugna
da Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa
97. 
Vivo sempre nel presente. Il futuro, non lo conosco. Il passato, non lo possiedo più. L’uno mi pesa come la possibilità di tutto, l’altro come la realtà di niente. Non ho speranze né nostalgie. Conoscendo quello che fino ad oggi è stata la mia vita – spesso e per molti aspetti il contrario di come l’avrei desiderata – cosa posso presumere della mia vita di domani se non che sarà ciò che non presumo, ciò che non voglio, ciò che mi succede di fuori, persino con la mia volontà? Né ho niente nel mio passato che ricordi con l’inutile desiderio di ripeterlo. Non sono stato altro che un vestigio e un simulacro di me stesso. Il mio passato è tutto quanto non sono riuscito ad essere. Neanche le sensazioni di momenti passati mi sembrano nostalgiche: ciò che si sente esige il momento; passato questo, esiste un voltare pagina e la storia continua, ma non il testo. Breve ombra scura di un albero cittadino, lieve rumore d’acqua che cade nella fontana triste, verde dell’erba regolare, – giardino pubblico quasi al crepuscolo –, siete, in questo momento, l’universo intero per me, perché siete il contenuto pieno della mia sensazione cosciente. Dalla vita non voglio altro che sentirla perdersi in queste serate impreviste, al rumore di bambini estranei che giocano in questi giardini recintati dalla malinconia delle vie che li circondano e, contornati, oltre agli alti rami degli alberi, dal vecchio cielo dove le stelle ricominciano.

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