Il fiume.
Avevo visto anni di
guerra, perché un fiume non corre cieco in mezzo agli uomini. E per anni avevo
udito lamenti, perché un fiume non corre sordo, dove gli uomini muoiono. Sempre
impassibile avevo portato al mare i bagliori di quella faida feroce. Ma quel
giorno, troppo fu il sangue, e la ferocia, e l'odio. Nel giorno della gloria di
Achille io mi ribellai, disgustato. Se non avete paura delle favole, ascoltate
questa.
Era l'alba, e davanti
al muro degli Achei i due immensi eserciti si schierarono uno di fronte
all'altro. Vidi lampeggiare le armi di bronzo, a migliaia, nella luce del primo
sole. C'era Achille, davanti ai suoi, con le nuove armi, impressionanti,
divine. E in prima fila, davanti ai Troiani, Enea, il figlio di Anchise. Si
faceva avanti minaccioso scuotendo l'elmo possente e agitando la lancia di
bronzo. Achille non aspettava altro. Con un balzo uscì dalle file dei suoi
guerrieri, piazzandosi proprio di fronte ad Enea: schiumava rabbia come un
leone ferito, e come un leone ferito aveva fame di vendetta e di sangue. iniziò
a gridare. "Enea, cosa ti è venuto in mente, vuoi per caso sfidarmi? Cosa
credi, che se vincerai Priamo ti darà la sua corona? Ha Ettore, lui, e tutti i
suoi figli, non penserai che darà il suo potere a te? Vattene finché sei in tempo.
Ci siamo già sfidati, noi due, e ti ricordi com'è andata: non la smettevi più
di scappare. Fa' che scappare subito, questa volta: voltati e corri. E non
girarti più indietro."
"Credi di
spaventarmi, vero?", gli rispose Enea. "Ma io non sono un bambino,
sono un eroe. C'è sangue nobile e divino nelle mie vene come nelle tue. E non
ho voglia di stare qui a scambiare ingiurie con te, come se fossimo donnette
che litigano, in mezzo alla strada, invece che eroi in mezzo alla mischia e
alla carneficina. Smettila di parlare, Achille. E combatti."
Strinse in pugno la
lancia e la scagliò. La punta di bronzo risuonò contro l'enorme, splendido
scudo di Achille. Era stato fatto con maestria infinita. Due strati di bronzo, all'esterno,
due strati di stagno, all'interno. E in mezzo, uno strato d'oro. Passò il bronzo,
la lancia di Enea, ma nell'oro si fermò. Sollevò allora la sua lancia, Achille.
Enea tese in avanti il braccio che reggeva lo scudo. La punta di bronzo volò
rapida nell'aria, squarciò lo scudo, Passò di un soffio sopra la testa di Enea
e andò a conficcarsi in terra, dietro di lui. Enea rimase impietrito dalla
paura. Il colpo l'aveva mancato di un niente. Achille estrasse la spada.
Gridando in modo orribile si gettò in avanti. Enea si sentì perduto. Prese tra le
mani una grande pietra che trovò lì vicino. La Sollevò per difendersi. E io
vidi Achille, d'improvviso, come accecato, perdere lo slancio, come se qualcosa
accadesse dentro la sua testa, fino a fermarsi, smarrito, ruotava gli occhi intorno
come se stesse cercando qualcosa che aveva perduto. Enea non stette molto a pensarci.
Si voltò e si mise a correre fino a quando non sparì in mezzo ai Troiani. Così Achille,
quando tornò in sé, si guardò intorno e non lo vide più. C'era ancora la lancia
che per un soffio l'aveva mancato, conficcata in terra, ma lui non c'era più.
"E’ una magia, questa", mormorò Achille. "Enea dev'esser caro a
qualche dio, per poter sparire così. Ma che vada in malora! Non è di lui che mi
devo occupare. E tempo che io scenda in battaglia. "Disse così e si avventò sui Troiani. Per
primo uccise Ifitione, lo colpì alla testa, la testa si spaccò in due, cadde
l'eroe con fragore e passarono su di lui le ruote dei carri achei. Poi uccise
Demoleonte, lo colpì alla tempia, non resistette l'elmo di bronzo e la punta
della lancia gli spappolò il cervello. Scese la tenebra sugli occhi dell'eroe.
Poi uccise Ippodamante, mentre cercava di fuggire, terrorizzato: colpito in
mezzo alla schiena cadde a terra rantolando come un animale. L'anima lasciò il
corpo dell'eroe. Poi uccise Polidoro, il più giovane dei figli di Priamo, e il
più amato. Lo colpì in mezzo alla schiena, Achille, la lancia trapassò il corpo
e uscì dal petto, cadde in ginocchio l'eroe con un grido e una nube l'avvolse, oscura.
Quando Ettore vide il suo fratellino in ginocchio, con le viscere in mano, fu
assalito dalla rabbia, e dimenticò ogni prudenza. Sapeva che non doveva uscire
allo scoperto, e che doveva aspettare Achille in mezzo alla calca, dove era ben
protetto dai propri compagni. Ma vide il fratello, morire, in quel modo, e non
capì più niente e si gettò in avanti, verso Achille, gridando. Achille lo vide
e negli occhi gli balenò una luce di trionfo. "Vieni, Ettore, vieni più
vicino", si mise a urlare, "Avvicinati alla tua morte!"
"Non mi spaventi, Achille", lui rispose. "Lo so che sei più forte
di me, ma anche la mia lancia è capace di uccidere, come la tua. E sarà il destino
a decidere chi morirà." Poi scagliò la sua arma, ma la punta di bronzo
andò a conficcarsi in terra, non lontano da lui. Achille pensò che l'aveva in
pugno. Con un urlo tremendo si buttò in avanti, brandendo la lancia. Ma di
nuovo, lo sguardo gli si oscurò, e qualcosa si perse nella sua mente. Per tre
volte si buttò in avanti, ma come alla cieca, come se combattesse avvolto da
una nebbia profonda. Quando tornò in sé, Ettore non era più là: sparito in
mezzo ai Troiani. Furibondo, Achille si scagliò su tutto ciò che trovava
intorno. Uccise Drèope, colpendolo al collo. E Demuco, colpendolo prima al
ginocchio e poi al ventre. Laogone lo uccise con la lancia, e Dardano con la
spada. Dal terrore, Troo cadde in ginocchio ai suoi piedi, chiedendo pietà. Era
solo un ragazzo, giovane come Achille. Achille gli trapassò il fegato con un
colpo di spada, il fegato schizzò fuori e sangue nero sgorgò dal corpo dell'eroe.
Mulio lo uccise con un colpo all'orecchio, la punta di bronzo trapassò la testa
e uscì sotto l'altro orecchio. Con la spada uccise Echeclo, squarciandogli il cranio.
Con la lancia colpì al gomito Deucalione; e poi con la spada gli mozzò la
testa: il midollo schizzò dalle vertebre, cadde il tronco dell'eroe, a terra.
Con la lancia trafisse al ventre Rigmo, e con un colpo alla schiena uccise il
suo scudiero, Areìtoo. Era come un fuoco che brucia l'immensa foresta, spinto
da un vento impetuoso.
Scorreva il sangue,
sulla terra nera. E lui non si fermava, avido di gloria, le mani sporche di
fango e di morte.
(…)
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