Perché studenti e operai uniti?
La possente manifestazione e il corteo che, formatosi spontaneamente,
ha percorso le vie della città, come risposta chiara e ferma alla
politica repressiva dei padroni e dello stato borghese, ha sancito, una
volta per tutte, che esiste unità nella lotta tra la classe operaia, gli
studenti e tutte le forze che si muovono in una logica
anticapitalistica. Man mano che il
corteo si snodava, lungo le vie della città, in ognuno di noi nasceva la
consapevolezza della propria forza. Migliaia di studente ed operai
uniti scandivano slogan contro la violenza e la repressione padronale,
esercitata mediante lo strumento di sempre: la polizia.
Una tale manifestazione di forza e di unità non si è venuta a creare improvvisamente; in realtà è stato il risultato di uno sforzo costante della ricerca di un terreno di lotta comune, portato avanti sia dagli studenti che dagli operai.
Da parte del movimento studentesco si conduce da molti mesi un lavoro costante e capillare, lavoro svolto da vari gruppi, in molte fabbriche ed in alcuni quartieri.
Da parte operaia vi è stato uno sforzo per superare le divisioni con gli studenti (vere o false che fossero) portandole sul terreno concreto della reale condizione operaia in fabbrica e, in generale, dei problemi della classe operaia.
Lo sviluppo politico della maggior parte degli studenti è avvenuto in generale dentro l'università e le scuole. Non ci siamo mossi da posizioni astratte e per questo irreali, ma da evidenti contraddizioni esistenti nella struttura scolastica. Lo stato di disagio era generale e diffuso anche fra chi non poteva (o non voleva) ragionare in termini di classe. I problemi andavano dalle aule numericamente insufficienti e anguste, ai testi costosissimi, al senso di impotenza che ognuno di noi sentiva il più delle volte in maniera non cosciente. Nasceva in questo frangente una avanguardia la cui coscienza politica era più matura. Il primo ostacolo, che doveva essere immediatamente superato, era l'assenteismo e la diffidenza della gran massa degli studenti. Assenteismo e diffidenza, favoriti proprio da quegli organismi corporativistici che erano, apparentemente, la tutela degli interessi studenteschi, ma costituivano un ostacolo, una presa di coscienza ampia e profonda. Il motivo fondamentale consisteva nel fatto che questi organismi erano l'eco delle strutture partitiche nazionali, con tutte le divisioni partitiche tradizionali (l'Orub non era che un piccolo parlamento). Queste strutture verticistiche non sapevano cogliere, per loro natura, le istanze della base e si limitavano ad amministrare i falsi bisogni della massa, favorendo così le divisioni corporativistiche volutamente esistenti nell'ambito universitario. La riprova che questi organismi erano uno strumento, in mano ai baroni delle cattedre, era l'approvazione ed il compiacimento eccessivo che il senato accademico mostrava nei loro confronti.
A questo punto gli studenti politicamente più maturi, hanno lanciato una serie di parole d'ordine, che erano l'autentica voce della base, con la lotta contro questi falsi tutori, ed ha permesso la nascita di momenti di discussione collettiva: le assemblee; qui ogni istanza era direttamente manifestata e raccolta.
Quale era lo stile con cui l'assemblea procedeva? Il singolo studente portava il resoconto della propria situazione, dei propri problemi e richiedeva a chi in quel momento dirigeva la discussione una soluzione immediata. La risposta a questa richiesta non era data da uno solo, il quale aveva la possibilità di capire e risolvere questi problemi, ma tutti dovevano trovare la soluzione migliore che era oggettivamente comune.
La prima cosa era chiedersi il perché di certe situazioni, scoprirne la parentela con altre, la radice comune del disagio, ed infine gli strumenti per affrontarli efficacemente. Si scopriva così che il male comune era il distacco tra la teoria e la pratica, ogni nostra intuizione quindi doveva essere continuamente verificata con la pratica.
Così si prendeva coscienza dei nostri problemi e del metodo politico, che ci permette ora di scoprire come si articola la società in cui viviamo: la dialettica.
Il salto qualitativo e quantitativo del Movimento Studentesco è stato quindi rapido, ed il nostro discorso immediatamente politico. L'università nell'attuale società è concepita come macchina produttrice e selettrice (esami) di tecnici pronti a calare in massa nelle fabbriche, nelle scuole, nei posti di lavoro, per continuare in maniera più efficace lo sfruttamento nei confronti della classe produttrice. Abbiamo capito che quello che ci viene insegnato non Š una scienza neutra, ma una scienza al servizio del padrone. Da dove vengono le malattie? I nostri professori dicono dal cielo o dai microbi; ma noi diciamo che le malattie nascono dallo squilibrio tra uomo e natura, dalle condizioni malsane, dalla vita caotica e alienante, in una parola, dai rapporti di produzione.
A cosa serve la macchina? Non ci viene detto, ma noi sappiamo che serve, non ad affermare la forza dell'uomo sulla natura, ma ad aumentare il ritmo produttivo a scapito dell'integrità psicofisica del lavoratore, pertanto lo sfruttamento dei padroni sulla classe operaia. Gli studenti hanno così capito, che questi problemi investono non solo la struttura universitaria ed in generale la scuola, ma anche la società nel suo complesso, cioè dell'intera struttura capitalistica del Paese.
Da ciò Š nata la necessità di unirsi con quelle forze che, per la loro stessa natura, sono in lotta contro il potere capitalistico: la classe operaia. Nel momento dell'incontro effettivo, il contributo degli studenti si Š concretizzato nel riproporre costantemente le caratteristiche di fondo del Movimento Studentesco. Il rifiuto della delega, la necessità di investire direttamente la base, quindi di responsabilizzare tutti, allo scopo di dare ad ogni problema una risposta collettiva e per questo reale, ha posto il Movimento Studentesco in una logica antistituzionale, questo perché ci muoviamo in una società che per mezzo delle sue istituzioni cerca di dividerci.
Nascevano così una serie di strumenti politici: gruppi di studio, discussioni collettive, ecc. affinché persone responsabili e coscienti fossero in grado di esprimere una serie di soluzioni da verificare costantemente nella pratica.
Questa esigenza creativa di nuove forme di lotta è stata espressa ultimamente anche dalla classe operaia. La lunga e vittoriosa lotta della Pirelli (ripresa in questi giorni) è una conferma della volontà politica degli operai, il crollo del mito Marzotto come simbolo di collaborazione fra operai e padronato.
Pertanto operai e studenti capiscono sempre più che se anche le battaglie sono apparentemente diverse e quindi diverse le armi, il nemico è comune e quindi comune è la lotta.
da: Lo smeriglio
Una tale manifestazione di forza e di unità non si è venuta a creare improvvisamente; in realtà è stato il risultato di uno sforzo costante della ricerca di un terreno di lotta comune, portato avanti sia dagli studenti che dagli operai.
Da parte del movimento studentesco si conduce da molti mesi un lavoro costante e capillare, lavoro svolto da vari gruppi, in molte fabbriche ed in alcuni quartieri.
Da parte operaia vi è stato uno sforzo per superare le divisioni con gli studenti (vere o false che fossero) portandole sul terreno concreto della reale condizione operaia in fabbrica e, in generale, dei problemi della classe operaia.
Lo sviluppo politico della maggior parte degli studenti è avvenuto in generale dentro l'università e le scuole. Non ci siamo mossi da posizioni astratte e per questo irreali, ma da evidenti contraddizioni esistenti nella struttura scolastica. Lo stato di disagio era generale e diffuso anche fra chi non poteva (o non voleva) ragionare in termini di classe. I problemi andavano dalle aule numericamente insufficienti e anguste, ai testi costosissimi, al senso di impotenza che ognuno di noi sentiva il più delle volte in maniera non cosciente. Nasceva in questo frangente una avanguardia la cui coscienza politica era più matura. Il primo ostacolo, che doveva essere immediatamente superato, era l'assenteismo e la diffidenza della gran massa degli studenti. Assenteismo e diffidenza, favoriti proprio da quegli organismi corporativistici che erano, apparentemente, la tutela degli interessi studenteschi, ma costituivano un ostacolo, una presa di coscienza ampia e profonda. Il motivo fondamentale consisteva nel fatto che questi organismi erano l'eco delle strutture partitiche nazionali, con tutte le divisioni partitiche tradizionali (l'Orub non era che un piccolo parlamento). Queste strutture verticistiche non sapevano cogliere, per loro natura, le istanze della base e si limitavano ad amministrare i falsi bisogni della massa, favorendo così le divisioni corporativistiche volutamente esistenti nell'ambito universitario. La riprova che questi organismi erano uno strumento, in mano ai baroni delle cattedre, era l'approvazione ed il compiacimento eccessivo che il senato accademico mostrava nei loro confronti.
A questo punto gli studenti politicamente più maturi, hanno lanciato una serie di parole d'ordine, che erano l'autentica voce della base, con la lotta contro questi falsi tutori, ed ha permesso la nascita di momenti di discussione collettiva: le assemblee; qui ogni istanza era direttamente manifestata e raccolta.
Quale era lo stile con cui l'assemblea procedeva? Il singolo studente portava il resoconto della propria situazione, dei propri problemi e richiedeva a chi in quel momento dirigeva la discussione una soluzione immediata. La risposta a questa richiesta non era data da uno solo, il quale aveva la possibilità di capire e risolvere questi problemi, ma tutti dovevano trovare la soluzione migliore che era oggettivamente comune.
La prima cosa era chiedersi il perché di certe situazioni, scoprirne la parentela con altre, la radice comune del disagio, ed infine gli strumenti per affrontarli efficacemente. Si scopriva così che il male comune era il distacco tra la teoria e la pratica, ogni nostra intuizione quindi doveva essere continuamente verificata con la pratica.
Così si prendeva coscienza dei nostri problemi e del metodo politico, che ci permette ora di scoprire come si articola la società in cui viviamo: la dialettica.
Il salto qualitativo e quantitativo del Movimento Studentesco è stato quindi rapido, ed il nostro discorso immediatamente politico. L'università nell'attuale società è concepita come macchina produttrice e selettrice (esami) di tecnici pronti a calare in massa nelle fabbriche, nelle scuole, nei posti di lavoro, per continuare in maniera più efficace lo sfruttamento nei confronti della classe produttrice. Abbiamo capito che quello che ci viene insegnato non Š una scienza neutra, ma una scienza al servizio del padrone. Da dove vengono le malattie? I nostri professori dicono dal cielo o dai microbi; ma noi diciamo che le malattie nascono dallo squilibrio tra uomo e natura, dalle condizioni malsane, dalla vita caotica e alienante, in una parola, dai rapporti di produzione.
A cosa serve la macchina? Non ci viene detto, ma noi sappiamo che serve, non ad affermare la forza dell'uomo sulla natura, ma ad aumentare il ritmo produttivo a scapito dell'integrità psicofisica del lavoratore, pertanto lo sfruttamento dei padroni sulla classe operaia. Gli studenti hanno così capito, che questi problemi investono non solo la struttura universitaria ed in generale la scuola, ma anche la società nel suo complesso, cioè dell'intera struttura capitalistica del Paese.
Da ciò Š nata la necessità di unirsi con quelle forze che, per la loro stessa natura, sono in lotta contro il potere capitalistico: la classe operaia. Nel momento dell'incontro effettivo, il contributo degli studenti si Š concretizzato nel riproporre costantemente le caratteristiche di fondo del Movimento Studentesco. Il rifiuto della delega, la necessità di investire direttamente la base, quindi di responsabilizzare tutti, allo scopo di dare ad ogni problema una risposta collettiva e per questo reale, ha posto il Movimento Studentesco in una logica antistituzionale, questo perché ci muoviamo in una società che per mezzo delle sue istituzioni cerca di dividerci.
Nascevano così una serie di strumenti politici: gruppi di studio, discussioni collettive, ecc. affinché persone responsabili e coscienti fossero in grado di esprimere una serie di soluzioni da verificare costantemente nella pratica.
Questa esigenza creativa di nuove forme di lotta è stata espressa ultimamente anche dalla classe operaia. La lunga e vittoriosa lotta della Pirelli (ripresa in questi giorni) è una conferma della volontà politica degli operai, il crollo del mito Marzotto come simbolo di collaborazione fra operai e padronato.
Pertanto operai e studenti capiscono sempre più che se anche le battaglie sono apparentemente diverse e quindi diverse le armi, il nemico è comune e quindi comune è la lotta.
da: Lo smeriglio
Nessun commento:
Posta un commento