C’era una volta. Inventò lo zero.
In un paese incerto. Sotto una stella
oggi forse scura. Tra date
su cui chi mai giurerà. Senza un nome,
neppure controverso. Senza lasciare
al di sotto del suo zero nessuna massima
sulla vita che è come. Né una leggenda,
che un giorno aggiunse uno zero
a una rosa colta e ne fece un mazzo.
Che dovendo morire si avviò nel deserto
su un cammello con cento gobbe. Che si addormentò
all’ombra della palma conseguita. Che si sveglierà
quando tutto sarà già stato contato
fino all’ultimo granello di sabbia. Che uomo.
Attraverso la fessura tra il fatto e il fittizio
sfuggì alla nostra attenzione. Resistente
a ogni destino. Si scrolla di dosso
ogni forma che gli do.
Il silenzio si chiuse su di lui, la voce non lasciò cicatrice.
L’assenza prese l’aspetto d’orizzonte.
Lo zero si scrive da solo.
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