12 aprile 2018

da Fiesta – Ernest Hemingway

da Fiesta – Ernest Hemingway

I
Robert Cohn era stato campione dei pesi medi a Princeton. Non dovete credere che questo come titolo sportivo faccia impressione a me, ma Cohn ci teneva moltissimo. In realtà del pugilato niente gli importava, non gli piaceva affatto, ma l'aveva dolorosamente imparato alla perfezione per controbattere la sensazione di inferiorità e di timidezza che l'essere trattato da ebreo a Princeton gli procurava.
C'era un certo intimo conforto nella coscienza di poter mettere a terra chiunque fosse stato insolente con lui, per quanto Cohn, ragazzo molto timido e per bene, non facesse mai a pugni tranne che in palestra. Era l'allievo prodigio di Spider Kelly.
Di tutti i suoi giovanotti Spider Kelly tendeva a fare dei pesi
piuma, sia che pesassero cinquanta chili oppure un quintale. Ma con Cohn gli riuscì.
Cohn davvero era in gamba. Era tanto in gamba che Spider Kelly prestissimo lo mise fuori combattimento e gli ammaccò irrimediabilmente il naso. Questo accrebbe l'antipatia di Cohn per il pugilato ma gli diede una soddisfazione di strano genere e in qualche modo gli abbellì il naso. Nell'ultimo anno a Princeton leggeva troppo e aveva cominciato a portare gli occhiali. Non ho mai incontrato nessuno della sua classe che si ricordasse di lui. Non si ricordavano nemmeno che era stato campione dei pesi medi.
Io diffido di tutta la gente semplice e sincera, specialmente quando le loro storie sono logiche e coerenti, e avevo sempre avuto il sospetto che Cohn non fosse mai stato campione dei pesi medi, ma che un cavallo gli avesse magari passeggiato sulla faccia, o che la madre si fosse spaventata vedendo qualcosa, o che contro qualcosa lui da bambino fosse andato a sbattere; ma alla fine ebbi il modo di controllare la storia da Spider Kelly in persona. Non solo Spider Kelly si ricordava di Cohn, ma spesso si era chiesto che cosa ne
fosse successo.
Robert Cohn apparteneva per parte di padre a una delle più ricche famiglie ebree di New York e per parte di madre a una delle più antiche. Nel collegio militare dove prima di andare a Princeton era stato un'ottima ala della squadra di calcio nessuno gli aveva dato
una coscienza di razza. Prima che andasse a Princeton nessuno gli aveva mai fatto sentire la sua condizione di ebreo e cioè di diverso da tutti gli altri. Cohn era un ragazzo per bene, un ragazzo socievole e molto timido, e la cosa lo amareggiava. Cercò uno sfogo nel pugilato, uscì da Princeton con una dolorosa autocoscienza e il naso ammaccato, e sposò la prima ragazza che fu carina con lui. Rimase sposato cinque anni, ebbe tre bambini, spese la maggior parte dei cinquantamila dollari che il padre gli aveva lasciati - conservando la madre l'amministrazione del patrimonio - e si fossilizzò in una poco attraente muffa domestica nella infelice convivenza con una moglie ricca. Proprio quando, alla fine, aveva preso la risoluzione di piantare la moglie, questa piantò lui andandosene con un pittore di miniature. Siccome Cohn da mesi aveva in animo di abbandonarla e non si era deciso perché gli sembrava che sarebbe stato troppo crudele privarla di sé, la partenza di lei fu un salutare avvenimento.
Il divorzio fu concluso e Robert Cohn si trasferì sulla Costa. In California capitò in un ambiente di letterati e dopo poco tempo, dato che ancora gli restava una parte dei cinquantamila lasciatigli dal padre, si trovò a finanziare una rivista d'arte. La rivista cominciò le pubblicazioni a Carmel, California, e le finì a Provincetown, Massachusetts. Nel frattempo Cohn, che era stato preso in considerazione solo come una specie di angelo e il cui nome era comparso in prima pagina esclusivamente come membro del comitato consultivo, era diventato l'unico direttore. Era denaro suo, e Cohn si accorse che l'autorità del direttore gli piaceva. Gli dispiacque quando la rivista diventò troppo costosa e dovette cederla.
Nel frattempo però si trovò a doversi preoccupare di altre cose. Una donna che sperava di tirarsi su assieme alla rivista si era attaccata a lui. Lei fu molto abile e Cohn del resto non fu mai capace di evitare che si attaccassero a lui. In più egli era sicuro di amarla. Quando questa donna capì che la rivista non si sarebbe più tirata su, si disgustò un poco di Cohn e decise che era il caso di realizzare quello che ancora si poteva, così insistette perché tutti
e due si trasferissero in Europa, dove Cohn avrebbe potuto scrivere. Vennero in Europa, dove lei era stata educata, e si fermarono tre anni. Durante questi tre anni, il primo passato in viaggio, gli altri due a Parigi, Robert Cohn ebbe due amici, Braddocks e me. Braddocks era il suo amico letterato. Io ero il suo amico per il tennis.
Frances, la donna che si era attaccata a Cohn, scoperse verso la fine del secondo anno che la linea se ne andava, e il suo atteggiamento nei riguardi di Cohn mutò, da noncurante possesso e sfruttamento, in assoluta determinazione che egli dovesse sposarla. Nel frattempo la madre di Cohn gli aveva assegnato una rendita di circa trecento dollari al mese. Non credo che in questi due anni e mezzo Robert Cohn guardasse mai un'altra donna. Avrebbe potuto dirsi assolutamente felice, se non fosse stato che, come molta gente che vive in Europa, desiderava di vivere in America, e che aveva scoperto la letteratura. Scrisse un romanzo, che non era poi un così infame romanzo come la critica lo giudicò, certo era un romanzo molto povero. Leggeva molti libri, giocava a bridge, giocava a tennis, tirava di boxe in una palestra del posto.
Per la prima volta io mi resi conto dell'atteggiamento di Frances nei riguardi di Cohn una sera che tutti e tre avevamo pranzato assieme. Avevamo pranzato a l'Avenue ed eravamo poi andati a prendere il caffè al Café de Versailles. Dopo il caffè prendemmo molti fines e io dissi che dovevo andar via. Cohn aveva lanciato l'idea di andare lui ed io a fare il week-end in qualche posto. Voleva andar via dalla città e fare un buon giro. Io suggerii di prendere l'aeroplano fino a Strasburgo e andare a Saint-Odile o altrove in Alsazia. "Conosco una ragazza a Strasburgo che può farci vedere la città" dissi.
Mi arrivò un calcio sotto la tavola. Pensai che la cosa fosse casuale e continuai: "Sta a Strasburgo da due anni e sa tutto quello che c'è da vedere in città. E' una bella ragazza".
Un altro calcio mi arrivò sotto la tavola e levando gli occhi vidi Frances che alzava il mento e irrigidiva la faccia.
"Diamine" dissi. "Perché andare a Strasburgo? Possiamo andare a Bruges, o nelle Ardenne."
Cohn sembrò sollevato. Non arrivarono altri calci. Io dissi buonanotte e me ne andai. Cohn disse che veniva con me fino all'angolo per comperare un giornale. "Per amor di Dio" disse "perché hai parlato di quella ragazza di Strasburgo? Non hai visto Frances?"
"No, che cosa avrei dovuto vedere? Che c'entra Frances se io conosco una ragazza americana che vive a Strasburgo?"
"Non vuol dire. Qualsiasi ragazza. Io non potrei venire."
"Non far lo stupido."
"Tu non conosci Frances. Proprio qualsiasi ragazza. Non hai visto che faccia ha fatto?"
"Oh, bene" dissi. "Possiamo andare a Senlis."
"Non arrabbiarti."
"Non mi arrabbio. Senlis è un bel posto, possiamo fermarci al Gran Cervo, fare un giro nel bosco e ritornare."
"Certo sarà bello."
"Bene" io dissi. "Ci vediamo domani al tennis."
"Buonanotte, Jake" disse lui, e fece per ritornare verso il caffè.
"Hai dimenticato il giornale" dissi io.
"Già." Venne con me fino all'edicola all'angolo. "Non sei arrabbiato, vero, Jake?" Si voltò verso di me col giornale in mano.
"No, perché dovrei essere arrabbiato?"
"Ci vediamo al tennis" disse lui. Io lo guardai allontanarsi col giornale in mano. Mi piaceva. Lei evidentemente guidava tutta la vita di lui.

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