7 aprile 2018

da “Il colonnello Chabert” – Honorè De Balzac

fotogramma del film "Il colonnello Chabert" di Yves Angelo
da “Il colonnello Chabert” – Honorè De Balzac

(…)
Tornato al suo studio, l'avvocato inviò immediatamente Godeschal presso la contessa, che, non appena ebbe preso conoscenza del testo della lettera, provvide senz'altro al pagamento della parcella.
Siamo nel 1840. Verso la fine del giugno, Godeschal, diventato avvocato egli stesso, accompagnava Derville, di cui aveva assunto la successione dello studio, verso Ris.
Raggiunta la strada che si diparte per Bicêtre, notarono seduto su di un paracarro uno di quei vecchioni, canuti e distrutti, che paiono detenere il bastone da maresciallo della mendicità. Il vecchio era stato ricoverato a Bicêtre come le vecchie mendicanti sono ricoverate alla Salpêtrière. Il vecchio, uno dei mille disgraziati alloggiati nell'"ospizio per i vecchi", se ne stava tranquillamente accoccolato sul paracarro, come abbiamo già detto, e pareva concentrasse tutta la sua intelligenza nella semplice operazione di mantenere steso al sole il fazzoletto, forse allo scopo di far scomparire certe macchie di tabacco senza dover ricorrere al bucato. Fisonomia interessante, abiti di panno rossiccio, il panno di quell'orribile divisa che è fornita dall'ospizio.
- Guardate, Derville, guardate quel vecchio. Non rassomiglia a quel grottesco campione di soldato che ci è piombato un giorno dalla Germania? E campa, e sembra felice costui...
Derville inforcò gli occhiali, squadrò il poveraccio e non poté trattenere un movimento di viva sorpresa.
- Questo vecchio, mio caro è tutto un poema o per dirla con i romantici è un'intera tragedia. L'hai rivista qualche volta la contessa Ferraud?
- Sì; una donna spiritosa, piacevole, ma forse un po' bigotta.
- Questo pensionato di Bicêtre è il suo legittimo consorte, Chabert, il vecchio colonnello; sarà stata lei a farlo ricoverare. Se egli vive all'ospizio anziché in un palazzo è per avere ricordato alla vezzosa contessa Ferraud di essersi concessa, come si prende una vettura in piazza. Io non dimentico più la ferocia dello sguardo di quella donna. Una tigre!
Godeschal, incuriosito, volle conoscerne le vicende. E' la storia che abbiamo raccontato.
Due giorni dopo, ritornando a Parigi, i due amici si arrestarono all'altezza di Bicêtre e Derville propose di far visita a Chabert.
A mezza strada, s'incontrarono con il vecchio, seduto su di un tronco abbattuto di recente, tutto intento a tracciare con un bastone dei segni sulla sabbia. Osservandolo attentamente ci si accorgeva che il vecchio doveva aver fatto colazione fuori dell'ospizio.
- Buon giorno, colonnello Chabert - gli disse Derville.
- Niente Chabert! niente Chabert! mi chiamo Giacinto, signori. Non sono più un uomo, sono il numero 164, settima camerata - rispose il vecchio con l'ansia timorosa di un bambino. – Voi contemplate un condannato a morte! Mah! non è sposato e quindi è felice lo stesso!
- Pover'uomo - chiese Godeschal - accettereste qualche soldo per il vostro tabacco?
Con la naturalezza di un birichino di Parigi, il colonnello tese avidamente le mani verso i due sconosciuti; ne ebbe venti franchi da ciascuno; li ringraziò in modo alquanto goffo, dicendo: "Bravi soldatacci!". E simulò un "presentat'arm", poi un "puntat'arm" gridando: "Fuoco con i due pezzi! Viva Napoleone!". Con il bastone descrisse nell'aria fantastici arabeschi.
- Dev'essere la ferita al capo che lo ha conciato così - commentò Derville.
- Vi sbagliate, signori - intervenne un altro vecchio, ospite anch'esso a Bicêtre. Ci sono dei giorni in cui non è prudente stuzzicarlo. E' furbo, filosofo, ricco d'immaginazione. Ma oggi, che volete, deve aver fatto il suo lunedì... E' all'ospizio dal 1820. E' accaduto, un giorno, che un ufficiale prussiano sceso di calesse alla salita per Villejuif passasse di qua. Io stavo con Giacinto sull'orlo della strada. L'ufficiale era in compagnia di un Russo, o di altro animale della stessa specie, con il quale stava conversando, allorché il Prussiano vedendo il mio compagno, forse per scherzo, uscì con questa frase: "Ecco uno che deve aver combattuto a Rossbach!". Sapete che cosa ha risposto Giacinto? "Ero troppo giovane allora per trovarmi a Rossbach, ma non sono stato troppo vecchio per non essere poi presente a Jena". Il Prussiano filò via, senza ribattere.
- Quale destino - commentò Derville. - Ragazzo, è uscito dall'ospizio dei trovatelli; vecchio, viene a morire nell'ospizio dei mendicanti, dopo avere, nel lungo intervallo, aiutato Napoleone a conquistare l'Egitto e l'Europa. Sapete voi, amico mio - riprese Derville dopo lunga pausa - che esistono al mondo tre tipi di uomini, il prete, il medico e il magistrato i quali non possono nutrire molta stima per il prossimo? Forse per questo, vestono di nero: portano il lutto di tutte le virtù, di tutte le illusioni infrante. Ma il più sventurato è l'avvocato. Quando ci si rivolge al sacerdote è perché ci comanda il pentimento, il rimorso, la fede che riscalda ed eleva il sentimento; il sacerdote trova nella sua missione una gioia intima: egli purifica, assolve, riconcilia. Ma non è così per gli avvocati; davanti a noi si rinnovano le stesse colpe e nulla può prevenirle o purificarle. I nostri studi sono delle fogne senza possibilità di profilassi.
Quante infamie ho visto durante la mia lunga carriera! Ho assistito alla morte di un vecchio in un granaio dove era stato abbandonato dalle due figlie a cui aveva lasciato quarantamila franchi di rendita! Ho visto bruciare dei testamenti, delle madri spogliare d'ogni bene i loro figli, dei mariti rubare alle mogli, delle donne uccidere il marito sfruttando il sentimento e i sensi per renderlo folle o imbelle e godersi in pace la vita con un amante. Io ho visto delle madri che hanno favorito ogni vizio nel figlio di primo letto per sopprimerlo lentamente, a vantaggio di un altro, figlio dell'adulterio. Ma come posso elencarvi, descrivervi ciò che mi è toccato vedere... Ci sono troppi delitti contro i quali la giustizia è impotente. I romanzieri, con le loro trame, sono sempre al disotto della orribile realtà. Conoscerete tutto ciò, amico mio...
Per quanto mi riguarda scelgo la vita di campagna, accanto a mia moglie. Provo un disgusto per la vita di città, per Parigi.
E Godeschal rispose: - Quante di queste miserie sono già capitate sotto i miei occhi!

Parigi, febbraio-marzo 1832

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