dipinto di Charles Levier
da “Il canto di
Penelope” - Margaret Atwood
(…)
22
Elena al bagno
Un giorno passeggiavo
tra gli asfodeli pensando al passato, quando ho visto Elena che, a passo lento,
veniva dalla stessa parte, seguita come sempre da una piccola folla di spiriti di
sesso maschile, apparentemente eccitati, quasi in previsione di un avvenimento speciale.
Lei non li degnava di uno sguardo, anche se era evidente che non ignorava la loro
presenza. Aveva sempre avuto due antenne invisibili che vibravano al minimo accenno
della presenza di un uomo.
«Come stai, cugina
Anatroccola?» mi ha salutata con l’abituale, affabile condiscendenza.
«Sto andando a fare
il bagno. Vuoi venire?»
«Ora siamo spiriti,
Elena» le ho risposto accennando un sorriso, o almeno così speravo «non abbiamo
un corpo. Non ci sporchiamo. Perché fare il bagno?»
«Oh, ma io ho
un’esigenza di tutt’altro genere» ha ribattuto Elena, spalancando i suoi occhi
meravigliosi. «Il bagno è riposante, tra tanto scompiglio. Non puoi immaginare
la fatica di avere, per anni, tutti questi uomini che litigano per te. La
bellezza divina è un peso. Tu, almeno, non hai sofferto questo disagio!»
Ho finto di non
vedere il suo piccolo ghigno sprezzante. «Ti toglierai gli abiti da spirito?»
domandai.
«Conosciamo tutti la
tua leggendaria pudicizia, Penelope» mi ha risposto. «Sono sicura che se
dovessi fare il bagno terresti gli abiti indosso, come forse facevi da viva. Purtroppo»
a questo punto ha sorriso «la modestia non fa parte dei doni che ho ricevuto dalla
dolce e ridente Afrodite. Preferisco spogliarmi per fare il bagno, anche se
sono uno spirito.»
«Ecco spiegata la
folla di spettatori che ti segue» ho osservato, piuttosto bruscamente.
Elena ha inarcato le
sopracciglia con aria ingenua. «Ti sembra che siano più del solito? Ormai ho
smesso di contarli. Ma, forse perché tanti sono morti per me - insomma, per causa
mia - mi sembra di dovermi sdebitare in qualche modo.»
«Così possono farsi
un’idea di quello che hanno perso da vivi.»
«Il desiderio non
muore con il corpo. Manca solo la capacità di soddisfarlo. Ma un’occhiata o due
li rallegra, poveri agnellini.»
«Gli dà una ragione
di vita.»
«Che battuta
spiritosa. Meglio tardi che mai, suppongo.»
«Credi che le mie
battute spiritose o i tuoi bagni nuda servano a curare i morti?»
«Quanto cinismo!» mi
ha rimproverato Elena. «Solo perché, come dire, non abbiamo più un corpo, non è
il caso di sfoderare un atteggiamento così negativo. Ci sono persone generose.
Persone che amano aiutare come possono chi è stato meno fortunato di loro.»
«Quindi» le ho fatto
notare «ti sciacqui le mani del loro sangue, in senso figurato, naturalmente.
Un risarcimento per tutti quei corpi maciullati. Non ti credevo capace di provare
sensi di colpa.»
Queste parole l’hanno
infastidita. Ha aggrottato la fronte. «Dimmi, Anatroccola, quanti uomini ha
macellato Odisseo per causa tua?»
«Tanti» ho risposto.
Da tempo, ormai, lei conosceva il numero esatto: il totale era inferiore a
quello dei cadaveri ammassati davanti alla sua porta e si riteneva soddisfatta.
«Dipende da quello
che intendi per “tanti”» ha aggiunto. «Ma non è un male, sono sicura che ti fa
sentire più importante. Forse anche più graziosa.» Ha sorriso, ma solo con le
labbra. «Bene, adesso basta, Anatroccola. Ci vedremo, non ne dubito. Goditi gli
asfodeli.» E si è allontanata, leggera, seguita dal suo esagitato corteo.
traduzione di G.
Aurelio Privitera
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