11 agosto 2018

da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood

dipinto di Charles Levier
da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood
(…)
22
Elena al bagno
Un giorno passeggiavo tra gli asfodeli pensando al passato, quando ho visto Elena che, a passo lento, veniva dalla stessa parte, seguita come sempre da una piccola folla di spiriti di sesso maschile, apparentemente eccitati, quasi in previsione di un avvenimento speciale. Lei non li degnava di uno sguardo, anche se era evidente che non ignorava la loro presenza. Aveva sempre avuto due antenne invisibili che vibravano al minimo accenno della presenza di un uomo.
«Come stai, cugina Anatroccola?» mi ha salutata con l’abituale, affabile condiscendenza.
«Sto andando a fare il bagno. Vuoi venire?»
«Ora siamo spiriti, Elena» le ho risposto accennando un sorriso, o almeno così speravo «non abbiamo un corpo. Non ci sporchiamo. Perché fare il bagno?»
«Oh, ma io ho un’esigenza di tutt’altro genere» ha ribattuto Elena, spalancando i suoi occhi meravigliosi. «Il bagno è riposante, tra tanto scompiglio. Non puoi immaginare la fatica di avere, per anni, tutti questi uomini che litigano per te. La bellezza divina è un peso. Tu, almeno, non hai sofferto questo disagio!»
Ho finto di non vedere il suo piccolo ghigno sprezzante. «Ti toglierai gli abiti da spirito?» domandai.
«Conosciamo tutti la tua leggendaria pudicizia, Penelope» mi ha risposto. «Sono sicura che se dovessi fare il bagno terresti gli abiti indosso, come forse facevi da viva. Purtroppo» a questo punto ha sorriso «la modestia non fa parte dei doni che ho ricevuto dalla dolce e ridente Afrodite. Preferisco spogliarmi per fare il bagno, anche se sono uno spirito.»
«Ecco spiegata la folla di spettatori che ti segue» ho osservato, piuttosto bruscamente.
Elena ha inarcato le sopracciglia con aria ingenua. «Ti sembra che siano più del solito? Ormai ho smesso di contarli. Ma, forse perché tanti sono morti per me - insomma, per causa mia - mi sembra di dovermi sdebitare in qualche modo.»
«Così possono farsi un’idea di quello che hanno perso da vivi.»
«Il desiderio non muore con il corpo. Manca solo la capacità di soddisfarlo. Ma un’occhiata o due li rallegra, poveri agnellini.»
«Gli dà una ragione di vita.»
«Che battuta spiritosa. Meglio tardi che mai, suppongo.»
«Credi che le mie battute spiritose o i tuoi bagni nuda servano a curare i morti?»
«Quanto cinismo!» mi ha rimproverato Elena. «Solo perché, come dire, non abbiamo più un corpo, non è il caso di sfoderare un atteggiamento così negativo. Ci sono persone generose. Persone che amano aiutare come possono chi è stato meno fortunato di loro.»
«Quindi» le ho fatto notare «ti sciacqui le mani del loro sangue, in senso figurato, naturalmente. Un risarcimento per tutti quei corpi maciullati. Non ti credevo capace di provare sensi di colpa.»
Queste parole l’hanno infastidita. Ha aggrottato la fronte. «Dimmi, Anatroccola, quanti uomini ha macellato Odisseo per causa tua?»
«Tanti» ho risposto. Da tempo, ormai, lei conosceva il numero esatto: il totale era inferiore a quello dei cadaveri ammassati davanti alla sua porta e si riteneva soddisfatta.
«Dipende da quello che intendi per “tanti”» ha aggiunto. «Ma non è un male, sono sicura che ti fa sentire più importante. Forse anche più graziosa.» Ha sorriso, ma solo con le labbra. «Bene, adesso basta, Anatroccola. Ci vedremo, non ne dubito. Goditi gli asfodeli.» E si è allontanata, leggera, seguita dal suo esagitato corteo.

traduzione di G. Aurelio Privitera

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