9 agosto 2018

da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood

dipinto di Patricia Watwood
da “Il canto di Penelope” - Margaret Atwood
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Chiacchiere calunniose
A questo punto mi sembra giusto accennare anche alle chiacchiere calunniose che circolano sul mio conto da due o tremila anni. Tutte bugie. Molti dicono che non c’è fumo senza arrosto, ma è un’osservazione veramente superficiale. È capitato a tutti di sentire voci che si sono dimostrate infondate, e altrettanto infondate sono le voci sulla mia persona.
Le accuse riguardano la mia vita sessuale. Si dà per certo, tanto per fare un esempio, che io sia andata a letto con Anfinomo, il più beneducato dei pretendenti. Secondo i cantori amavo la sua conversazione, o almeno mi piaceva più di quella degli altri, ed è vero, ma tra la conversazione e il letto il passo è lungo. È anche vero che riuscivo a menare per il naso i pretendenti con una quantità di promesse, ma era una tattica, la mia tattica, niente di più. Tra l’altro mi serviva a ottenere qualche regalo - sempre poca cosa rispetto a quanto mangiavano e distruggevano - e non va dimenticato che anche Odisseo fu testimone del mio modo di comportarmi, tanto che l’approvò.
Secondo le versioni più oltraggiose, sarei stata l’amante di tutti i pretendenti, a turno - erano più di cento -, e avrei generato il grande dio Pan. Chi può credere a una storia così mostruosa? Certi cantori non meritano nemmeno che si sprechi il fiato a ripetere quello che hanno narrato.
Anticlea, mia suocera, durante il suo incontro con Odisseo sull’Isola dei Morti, non disse una sola parola sui pretendenti e alcuni hanno ritenuto che fosse una prova contro di me, perché nominarli equivaleva ad accusarmi d’infedeltà. Forse voleva davvero gettare un seme velenoso nella mente di Odisseo. Considerato l’atteggiamento che Anticlea aveva sempre tenuto nei miei confronti, sarebbe stato l’ultimo tocco.
Altri commentatori hanno osservato come io non allontanai né punii le dodici ancelle sfrontate, e nemmeno le chiusi in un capanno lontano dal palazzo a macinare il grano, trattando con la stessa indulgenza la loro condotta e la mia. Ma credo di essermi già spiegata a tale proposito.
Un’insinuazione più grave riporta che Odisseo, appena tornato, ha seguitato a fingere anche con me perché voleva prima assicurarsi che a palazzo non si svolgessero delle orge.
La verità è che temeva le mie grida di gioia, che lo avrebbero certamente tradito. Ed è per la stessa ragione, per evitare le mie reazioni emotive, che mi segregò con le altre donne nei nostri appartamenti mentre uccideva i Proci, e chiese l’aiuto di Euriclea, non il mio.
Mi conosceva bene - conosceva il mio cuore, la mia facilità a sciogliermi in pianto e accasciarmi a terra. Non voleva espormi a emozioni e spettacoli spiacevoli. Per questo si comportò così.
Se mio marito avesse saputo durante la nostra vita terrena di certe chiacchiere calunniose, certamente avrebbe strappato qualche lingua. Ma è inutile rimuginare sulle occasioni perdute.

traduzione di G. Aurelio Privitera

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