E arrivarono i pirciati. Sciauravano di paradiso terrestre. Il baffuto
si mise appuiato allo stipite della porta assistimandosi come per uno
spettacolo. Montalbano decise di farsi trasire il sciauro fino in fondo ai polmoni.
Mentre aspirava ingordamente, l’altro parlò.
“La vuole una bottiglia di vino a portata di mano prima di principiare
a mangiare?”. Il commissario fece ’nzinga di sì con la testa, non aveva gana di
parlare. Gli venne messo davanti un boccale, una litrata di vino rosso
densissimo. Montalbano se ne inchì un bicchiere e si mise in bocca la prima
forchettata. Assufficò, tossì, gli vennero le lagrime agli occhi. Ebbe la netta
sensazione che tutte le papille gustative avessero pigliato foco. Si
sbacantò in un colpo solo il bicchiere di vino, che da parte sua non
scherazava in quanto a gradazione.
“Ci vada chiano chiano e liggero” lo consigliò il
cammareri-proprietario.
“Ma che c’è?” spiò Montalbano ancora mezzo assufficato.
“Oglio, mezza cipuddra, dù spicchi d’agliu, dù angiovi salati, un cucchiarinu
di chiapparina, aulive nìvure, pummadoro, vasalicò, mezzo pipiruncinu piccanti,
sali, caciu picurinu e pipi nivuru” elencò il baffuto con una nota di sadismo
nella voce.
“Gesù” disse Montalbano.
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