opera di Cheri Wollenberg
da “Nel giardino del
diavolo” - Stewart Lee Allen
(…)
Quando approdò sulle coste sudamericane pensò erroneamente che
il fiume Orinoco, nell’odierno Venezuela, fosse la porta del Paradiso
terrestre, ma si rifiutò di risalirlo, per paura che gli ardenti cherubini
assoldati dal Padreterno come guardie del corpo potessero attaccare le sue
caravelle. Perciò, quando Colombo portò dalle Americhe un nuovo frutto
particolarmente invitante, tutti giunsero alla conclusione più ovvia. Oggi lo
chiamiamo pomodoro, ma in gran parte dei paesi europei fu chiamato poma
amoris o pomo dell’amore. Gli ungheresi, senza mezzi termini, lo
battezzarono Paradice appfel, o mela del Paradiso. Il pomodoro
aveva tutti i numeri per essere il frutto proibito: sfacciatamente rosso,
traboccante di succhi allusivi e dal sapore elettrizzante. Era chiaramente un afrodisiaco.
Ma ciò che lo rendeva particolarmente temibile agli occhi degli europei era la
sua somiglianza con un altro frutto, la mandragora, meglio noto come “pomo di
Satana” o “pomo dell’amore”. Era in pratica il frutto dell’Inferno ed era famoso
per essere stato l’afrodisiaco usato da Lea per sedurre Giacobbe, come si legge
nella Bibbia: “È con me che avrai relazione perché ti ho completamente assoldato
con le mandragore di tuo figlio”.
Gli speziali del XV secolo conoscevano bene le qualità narcotiche
naturali della mandragora, ma il vero problema era un altro. Quello che
guadagnò alla pianta la sua pessima reputazione era l’aspetto delle sue radici,
che somigliavano a un corpo umano rinsecchito, avvizzito (o a un pene, a
seconda delle ossessioni di ciascuno). Nel Medioevo la gente credeva che le
radici fossero vive, incarnazione di spiriti demoniaci che sussurravano segreti
nelle orecchie di chi ne era proprietario; uno dei crimini per i quali Giovanna
d’Arco fu mandata al rogo fu il suo presunto possesso di una radice di
mandragora.
(…)
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