dipinto di Vadim Chazov
da “Zorba il greco” – Nikos KazantzakisGuardandomi attorno, riconobbi il luogo. Ero di fronte all’orto della vedova. Oltre la barriera di giunchi e di cacti, udii il cantilenare di una soave voce femminile.
Avvicinandomi e aprendo un pertugio nella siepe, vidi una donna ritta sotto un arancio. Mentre cantava, recideva i rami fioriti: era vestita di nero e, nella luce incerta del crepuscolo, i suoi ampi seni seminudi sembravano sfere bianche.
Quella vista mi tolse il respiro. E’ una bestia selvaggia, pensai, e sa di esserlo. Gli uomini per lei sono povere creature assurde, vanitose, indifese! Grassa e vorace, proprio come certe femmine di insetti - la mantide religiosa, l’aracnide, la locusta - anch’essa divorerà il suo maschio all’alba. Come se avesse avvertito il mio sguardo, la donna smise di cantare e si volse. I nostri occhi si incontrarono. Mi sentii mancare le ginocchia, quasi avessi veduto una tigre al di là della siepe.
“Chi è?” domandò con voce soffocata, aggiustandosi il fazzoletto sul seno, mentre il volto le si copriva di un violento rossore.
Traduzione di Olga Ceretti Borsi
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