Domenico Gnoli - Summer Dress
da “Gli amori
difficili – Italo Calvino
L'avventura di un
soldato, (1949)
(…)
Tomagra decise di
trasmetterle, in qualche modo, un messaggio: contrasse il muscolo del polpaccio
come fosse un duro quadrato pugno, e poi con questo pugno di polpaccio, come se
una mano dentro volesse aprirsi, corse e bussò al polpaccio della vedova.
Certo, questo fu un movimento velocissimo, appena il tempo d'un gioco di
tendini: a ogni modo lei non si tirò indietro, almeno per quel che poté capire
lui! perché subito Tomagra per bisogno di giustificare quel gesto segreto,
aveva spostato la gamba come per sgranchirla.
Ora bisognava
ricominciare da capo; quella paziente e prudentissima opera di contatto era
perduta. Tomagra decise d'avere più coraggio; come per cercare qualcosa ficcò
la mano in tasca, la tasca dalla parte della donna, e poi come distratto non la
tirò più via. Era stato un gesto veloce, Tomagra non sapeva se l'aveva o no
toccata, un gesto da nulla; pure adesso comprendeva quanto importante fosse il passo
avanti fatto, e in quale rischioso gioco egli ormai fosse preso. Sul dorso
della sua mano ora premeva l'anca della signora in nero; egli la sentiva
gravare sopra ogni dito, ogni falange, ormai qualsiasi movimento della sua mano
sarebbe stato un inaudito gesto d'intimità verso la vedova. Tomagra, trattenendo
il fiato, voltò la mano nella tasca: la mise cioè con la palma dalla parte
della signora, aperta su di lei, pur dentro a quella tasca. Era una posizione
impossibile, con un polso contorto. Pure, oramai, tanto valeva tentare un gesto
decisivo: così, con quella stravolta mano, lui azzardò un muovere di dita. Non
c'erano più dubbi possibili: la vedova non poteva non essersi accorta di quel
suo armeggio, e se non si ritraeva, e fingeva impassibilità e assenza, voleva
dire che non respingeva i suoi approcci.
A pensarci, però,
quel suo non far caso alla mobile mano di Tomagra poteva voler dire che
veramente credesse ad una vana ricerca in quella tasca: d'un biglietto
ferroviario, d'un fiammifero... Ecco: e se ora i polpastrelli del soldato, come
dotati d'una improvvisa chiaroveggenza, indovinavano d'attraverso quelle
diverse stoffe gli orli d'indumenti sotterranei e perfino minutissime asperità
della pelle, pori e nei, se, dico, i polpastrelli di lui arrivavano a questo,
forse la carne di lei, marmorea e pigra, avvertiva appena che proprio di
polpastrelli si trattava e non, mettiamo, di dorsi d'unghia o nocche. Allora la
mano con passi furtivi uscì dalla tasca, si fermò lì indecisa, poi con
improvvisa fretta di rassettare il pantalone sulla cucitura della costa camminò
via via fino al ginocchio. Sarebbe più giusto dire che s'aprì un varco: perché
dovette per procedere intrufolarsi tra lui e la donna, e fu un percorso, pur
nella sua velocità, ricco d'ansie e di dolci commozioni.
Bisogna dire che
Tomagra s'era messo a capo riverso contro il sostegno, così che si sarebbe
anche potuto dire che dormisse: era questo, più che un alibi per sé, un offrire
alla signora, nel caso che le sue insistenze non la indisponessero, il modo di
non sentirsene in disagio, sapendoli gesti separati dalla coscienza, affioranti
appena da uno stagno di sonno. E di lì, da questa vigile parvenza di sonno, la mano
di Tomagra stretta al ginocchio staccò un dito, il mignolo, e lo mandò a
esplorare in giro. Il mignolo strisciò sul ginocchio di lei che se ne stette
zitto e docile; Tomagra poteva compiere diligenti evoluzioni di mignolo sulla
seta della calza ch'egli con gli occhi semichiusi intravedeva appena chiara e
arcuata. Ma s'accorse che l'azzardo di questo gioco era senza compenso, perché
il mignolo, per povertà di polpa e impaccio di movimenti, trasmetteva solo
parziali accenni di sensazioni, non serviva a concepire la forma e la sostanza
di quello che toccava.
(…)
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