2 agosto 2018

Elegia al nuovo mondo - Narlan Matos

opera di Victoria Stoyanova 
Elegia al nuovo mondo - Narlan Matos

tu mi domandi amico mio dove sono stato durante il mio lungo silenzio

sono stato nella dolcezza della canna da zucchero e nell’amarezza
delle sue piantagioni
dove le foglie tremavano per paura degli uomini
le piantagioni mi sussurravano con grida orrende
il sangue amaro che ne addolcì la bocca
le mani ruvide che ne asciugarono la faccia
la piantagione che moriva di fame prima di compiere 27 anni
delle voci senza stelle che cullavano da lontano lingue strane
o piantagione verde, di che colore è il mio sangue rosso?
il mio sangue ha paura della morte della frusta della notte
il mio sangue ha paura di me

tu mi domandi amico mio
dove sono stato durante il mio lungo silenzio

sono stato sulle navi negriere
che barattarono il mio destino fino all’America fino ad oggi
bevvero le mie leggende come si beve un barile di rum marcito

barattarono ogni stella del cielo e del mare infinito
ogni uccello ogni piuma della mia coccarda
e disegnarono mappe col mio sangue
ed eressero totem sulla mia tribù
e misero il fuoco ai campi sacri del mio popolo
e le loro lance mi spaccarono le vene in continenti
distanti diversi

tu mi domandi amico mio
dove sono stato durante il mio lungo silenzio
sono stato per le spume di mari mai solcati
per dove vennero la polvere da sparo la baionetta lo specchio la
tubercolosi la sifilide
per dove vennero la spada e l’elmo – le nubi non lo scorderanno mai!

o mare salato, quanto del tuo sale sono genocidi di Portogallo!

nell’Atlantico nero
nei casseri di poppa delle vecchie navi pirata
nelle carceri della crudeltà umana
nelle prigioni della Sierra Leone – che ancora fanno male in qualche piega del
mio corpo
in Angola
nella Guinea-Bissau
nel Senegal
nel Benin

sono stato nel regno del Guatemala
e nella provincia di Yucatán
e nella provincia di Cartagena delle Indie
e nei grandi regni e grande provincia del Perù
e nel nuovo regno di Granada
e nelle isole di Cuba e Trinidad
e nel regno degli Aztechi
dove spade di brutalità fendettero il mio corpo nudo
dove i cani da caccia dei baroni delle Indie si nutrivano delle braccia
e delle gambe di bambini indifesi

tu mi chiedi dove sono stato amico mio
e solo ora posso rompere il mio silenzio
sono stato con me.

Traduzione dal portoghese di Giorgio Mobili

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