25 agosto 2019

da Fontamara - Ignazio Silone

da Fontamara - Ignazio Silone

«Il Governo vi metterà a posto» strillava. «Il Governo vipunirà. Le autorità si occuperanno di voi.» Noi pensavamo:parlerà, ma poi tacerà, poi evidentemente tacerà e ci lasceràandare a casa. Però lui continuava. Lui non taceva.«Tu non sai» egli disse direttamente a Michele «che se io tidenunziassi, tu saresti condannato almeno a dieci anni dicarcere? Tu non sai che molti, per aver detto cose meno perfidedi quelle dette da te poco fa, stanno scontando anni di galera?Ma in che mondo vivi? Sai o non sai che cosa è successo inquesti ultimi anni? Sai chi comanda?Sai chi è il padrone oggi?»Sembrava un galletto inferocito. Zompa continuò per un po’asucchiare la cannuccia della pipa spenta, poi sputò per terra egli rispose con pazienza:«Vedi», gli disse «in città succedono molti fatti. In città,ogni giorno succede almeno un fatto. Ogni giorno, dicono, esceun giornale e racconta almeno un fatto. In capo all’anno, quantifatti sono? Centinaia e centinaia. E in capo a vari anni?Migliaia e migliaia. Immagina. Come può un cafone, un poverocafone, un povero verme della terra conoscere tutti
15questifatti? Non può. Ma una cosa sono i fatti, un’altra è chicomanda. I fatti cambiano ogni giorno, chi comanda è semprequello. L’autorità è sempre quella.»«E le gerarchie?» chiese il forestiero.Ma allora noi ancora non sapevamo che cosa significasse lastrana parola. Il cittadino dovette ripetercela varie volte econ altri termini. E Michele pazientemente gli spiegò la nostraidea:«In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo. Questo ognuno lo sa.«Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.«Poi vengono le guardie del principe.«Poi vengono i cani delle guardie del principe.«Poi, nulla.«Poi, ancora nulla.«Poi, ancora nulla.«Poi vengono i cafoni.«E si può dire ch’è finito.»«Ma le autorità dove le metti? » chiese ancora più irritato ilforestiero.«Le autorità» intervenne a spiegare Ponzio Pilato «si dividonotra il terzo e il quarto posto. Secondo la paga. Il quarto posto(quello dei cani) è immenso. Questo ognuno lo sa.»Il cav. Pelino si era alzato. E tremavaper la rabbia. Ci disse:«Vi prometto che avrete presto notizie di me.»Con un salto fu sulla bicicletta e sparì.Noi non facemmo caso alle sue parole. Ci dicemmo buona notte eci avviammo verso casa. Ma risalendo a tastoni, a causa delbuio, la scalinatadel vicolo di Sant’Antonio, fui colpito da unrumore di sassate e di vetri rotti. In cima alla scalinata siprofilava l’ombra di un uomo, che per la sua forte staturariconobbi subito.«Brà», gli gridai «per Cristo, che vai facendo?»«Giuvà», mi rispose Berardo «le lampade, senza luce, a cheservono?»Io rientrai in casa, dove mi aspettava la minestra fredda, eBerardo continuò il suo giro.

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