Claire e io vivevamo
a tempo pieno al numero 46 di Edgar Road, a casa di Jonathan. La mia idea di
farli stare insieme aveva funzionato (anche se c’era voluto un po’). Quello è
stato in assoluto il mio piano migliore, anche se pare abbiano fatto tutto da
soli, giusto con una spintarella da parte mia. Stavano proprio bene insieme,
anche se Jonathan riusciva ancora a essere scontroso e Claire lo prendeva in
giro. Non aveva paura di lui, e Jonathan trattava lei – e me – come membri
della casa reale. Tasha veniva sempre a trovarci e avevano anche altri amici,
oltre alla famiglia di Franceska, a Polly e a Matt. La casa era affollata e
piena di vita, come avevo sempre pensato dovesse essere. Claire e Jonathan
dicevano che ero il loro gatto dei miracoli perché, a quanto pare, avevo
ottenuto grandi risultati. Stavo sviluppando un ego notevole; da come
parlavano, avresti detto che avevo salvato il mondo, non soltanto aiutato
quattro famiglie. La mia vita era tanto migliore e più ricca di prima.
Quando abbiamo
stabilito una routine che andava bene per tutti, mi sono trovato parecchie cose
di cui sentirmi grato: le amicizie, la famiglia, l’amore da cui ero circondato.
I giorni in cui avevo vagabondato per le strade in preda alla paura, schivando
automobili, cani e gatti selvatici, dandomi da fare per trovare cibo e riparo,
erano talmente lontani che a volte mi sembrava che a vivere quella vita fosse
stato un altro gatto. Sapevo, però, che era capitato proprio a me perché il
passato mi accompagnava sempre. Le lacrime e la paura, le famiglie che avevano
avuto bisogno di me, tutto questo lo portavo dentro.
Non avrei mai dimenticato
Joe e quello che mi aveva fatto perché, malgrado mi fosse costato caro, era
stato l’inizio di una nuova vita. Non avrei mai dimenticato che Aleksy era
tornato da scuola con un premio per aver scritto un tema sul suo migliore
amico, cioè il sottoscritto. Non avrei mai dimenticato che all’inizio per
Franceska era stato difficile vivere in Inghilterra ma io le avevo facilitato
il compito. Non avrei mai dimenticato che per Claire ero stato io a salvarla e
Polly aveva sostenuto la stessa cosa. Non avrei mai dimenticato che Jonathan mi
canzonava per averlo trasformato in un amante dei gatti e diceva a Claire che
l’avevo salvato dalla terribile Philippa. Non avrei mai dimenticato il lungo
viaggio che mi aveva portato fin lì e ho sperato che la parte difficile fosse
finita per poter cominciare a rilassarmi.
Ero più che contento
di fare il gatto da divano, e adesso avevo il numero perfetto di divani su cui
sedermi. A volte, uscivo di notte a guardare le stelle. Guardavo il cielo e
speravo che Agnes e Margaret fossero lassù da qualche parte, che mi facessero
l’occhiolino perché, sebbene avessi fatto un mucchio di cose buone da quando le
avevo perdute, c’ero riuscito solo grazie al loro amore e alle lezioni che mi
avevano insegnato. E, se ero un gatto migliore, lo dovevo a loro e alle mie
vicissitudini. Una cosa l’avevo imparata: è così che funziona la vita.
Traduzione
di Elisabetta Valdrè
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