da La noia – Alberto Moravia
Il cortile era deserto, in una luce smorta e bassa che rivelava la giornata sciroccosa e l’ora crepuscolare. Si vedevano gli altri finestroni, di fronte, dei quali un paio già illuminati; i cespugli di acanto, di un verde quasi nero, torno torno le aiuole, il selciato, di una bianchezza opaca e calcinosa. Molti gatti, come il solito, erano sparsi su questo selciato, in un ordine misterioso che non pareva casuale: alcuni accoccolati, con le gambe ripiegate sotto il corpo, altri seduti con la coda avvolta intorno ai piedi, altri ancora lentamente e cautamente deambulanti, il naso a terra e la coda dritta; gatti pezzati di bianco e di nero, gatti grigi, gatti completamente bianchi o completamente neri, gatti striati, gatti fulvi. Presi a guardare i gatti con attenzione, lo facevo spesso, era una maniera come un’altra d’ingannare il tempo. Poi Cecilia comparve, col suo grosso involto sotto il braccio. Camminava piano e a testa bassa, con i gatti che non si muovevano al suo passaggio.
Il cortile era deserto, in una luce smorta e bassa che rivelava la giornata sciroccosa e l’ora crepuscolare. Si vedevano gli altri finestroni, di fronte, dei quali un paio già illuminati; i cespugli di acanto, di un verde quasi nero, torno torno le aiuole, il selciato, di una bianchezza opaca e calcinosa. Molti gatti, come il solito, erano sparsi su questo selciato, in un ordine misterioso che non pareva casuale: alcuni accoccolati, con le gambe ripiegate sotto il corpo, altri seduti con la coda avvolta intorno ai piedi, altri ancora lentamente e cautamente deambulanti, il naso a terra e la coda dritta; gatti pezzati di bianco e di nero, gatti grigi, gatti completamente bianchi o completamente neri, gatti striati, gatti fulvi. Presi a guardare i gatti con attenzione, lo facevo spesso, era una maniera come un’altra d’ingannare il tempo. Poi Cecilia comparve, col suo grosso involto sotto il braccio. Camminava piano e a testa bassa, con i gatti che non si muovevano al suo passaggio.
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