dipinto di John Silver
Albergo a
ore- Herbert Pagani
Io lavoro al
bar
di un
albergo a ore,
porto su i
caffè
a chi fa
l’amore.
Vanno su e
giù
coppie tutte
uguali,
non le vedo
più,
manco con
gli occhiali.
Ma sono
rimasta lì come un cretino,
vedendo quei
due arrivare un mattino.
Puliti,
educati, sembravano finti,
sembravano
proprio due santi dipinti.
M’han
chiesto una stanza,
gli ho fatto
vedere
la meno
schifosa,
la numero
tre.
E ho messo
nel letto lenzuoli più nuovi,
e come San
Pietro, gli ho dato le chiavi.
Gli ho dato
le chiavi di quel paradiso
e ho chiuso
la porta sul loro sorriso.
Io lavoro al
bar
di un
albergo a ore,
porto su i
caffè
a chi fa
l’amore.
Vanno su e
giù
coppie tutte
uguali,
non le vedo
più,
manco con
gli occhiali.
Ma sono
rimasta lì come un cretino,
aprendo la
porta in quel grigio mattino.
Se n’erano
andati in silenzio perfetto,
lasciando
soltanto i due corpi nel letto.
Lo so che
non c’entro,
però non è
giusto
morire a
vent'anni
e poi,
proprio qui.
Me li hanno
incartati nei bianchi lenzuoli
e l'ultimo
viaggio l’han fatto da soli.
Né fiori né
gente, soltanto un furgone,
ma lì dove
vanno staranno benone.
Io lavoro al
bar
di un
albergo a ore,
porto su i
caffè
a chi fa
l'amore.
Io sarò
fissata,
ma chissà
perché
non mi va di
dare
la chiave
del tre.
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