Che fare ? – Lenin
d) Che cosa hanno in comune l’economismo e il terrorismo
Più sopra in una nota abbiamo messo a confronto un economista con un terrorista non socialdemocratico che per caso si sono trovati d‘accordo. Ma, in generale, tra gli economisti e i terroristi esiste un legame non accidentale, ma necessario, intrinseco, del quale dovremo ancora occuparci parlando della educazione dell‘attività rivoluzionaria. Gli economisti e i terroristi della nostra epoca hanno una radice comune: la sottomissione alla spontaneità di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente come di un fenomeno generale e di cui esamineremo ora l‘influenza sull‘azione e sulla lotta politica. A prima vista, la nostra affermazione può sembrare paradossale, tanto grande sembra la differenza tra coloro che antepongono a tutto la "grigia lotta quotidiana" e coloro che propugnano la lotta che esige la massima abnegazione: la lotta di individui isolati. Ma non si tratta per niente di un paradosso. Economisti e terroristi si prosternano davanti ai due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli economisti dinanzi alla spontaneità del "movimento operaio puro", i terroristi dinanzi alla spontaneità e allo sdegno appassionato degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità. È infatti difficile, per chi non ha più fiducia in tale possibilità o non vi ha mai creduto, trovare al proprio sdegno e alla propria energia rivoluzionaria uno sbocco diverso dal terrorismo. Perciò la sottomissione alla spontaneità nelle due direzioni indicate non è che l‘inizio dell‘attuazione del famoso programma del "Credo": gli operai conducono la "lotta economica contro i padroni e contro il governo" (l‘autore del "Credo" ci perdoni se esprimiamo il suo pensiero nel linguaggio di Martynov: riteniamo di averne il diritto, perché anche nel "Credo" si dice che la lotta economica "spinge gli operai a occuparsi del regime politico"), e gli intellettuali sviluppano la lotta politica con le loro proprie forze ricorrendo, naturalmente, al terrorismo. È questa una deduzione assolutamente logica e inevitabile, sulla quale non si insisterà mai troppo, anche se la sua inevitabilità non è compresa da coloro stessi che cominciano a mettere in pratica tale programma. L‘attività politica ha una propria logica, indipendente dalla coscienza di coloro che, con le migliori intenzioni del mondo, fanno appello al terrorismo oppure domandano che si dia alla stessa lotta economica un carattere politico. L‘inferno è lastricato di buone intenzioni, e in questo caso le buone intenzioni non salvano ancora dal lasciarsi attrarre dalla "linea del minimo sforzo", dalla linea del programma puramente borghese del "Credo". Infatti, non è casuale neppure la circostanza che molti liberali russi - liberali schietti e liberali mascherati da marxisti - simpatizzano con tutta l‘anima col terrorismo e si sforzano oggi di appoggiare lo sviluppo delle tendenze terroristiche.
La creazione del «Gruppo rivoluzionario socialista Svoboda», che si prefigge di aiutare con tutti i mezzi il movimento operaio, ma che nel proprio programma ha incluso il terrorismo e la propria emancipazione, per così dire, dalla socialdemocrazia, ha confermato una volta di più la notevole perspicacia di P. Axelrod il quale già alla fine del 1897 aveva predetto letteralmente che le oscillazioni socialdemocratiche avrebbero portato a questi risultati e aveva tracciato le sue celebri «due prospettive» (Problemi riguardanti i compiti attuali e la tattica). Tutte le discussioni e le divergenze che seguono tra i socialdemocratici russi sono contenute, come la pianta nel seme, in quelle due prospettive. Dal punto di vista che abbiamo indicato, è chiaro che il Raboceie Dielo, non avendo resistito alla spontaneità dell'economismo, non ha potuto resistere nemmeno alla spontaneità del terrorismo. In difesa del terrorismo, il gruppo Svoboda adduce argomenti particolari che è molto interessante notare. Esso «nega completamente» la funzione intimidatrice del terrorismo, ma ne sottolinea la «funzione di incitamento [di stimolo]»! Ciò è caratteristico, anzitutto, come uno degli stadi della decadenza e della disgregazione di quel ciclo di idee tradizionali (presocialdemocratiche) che aveva permesso al terrorismo di affermarsi. Riconoscere che oggi è impossibile «intimidire» — e, quindi, disorganizzare — il governo col terrorismo, significa in sostanza condannarlo completamente come metodo di lotta, come sfera di attività sanzionata da un programma. Ma la cosa è ancora più caratteristica come esempio di incomprensione dei nostri compiti immediati per «educare le masse all'attività rivoluzionaria». Il gruppo Svoboda propugna il terrorismo come mezzo per «stimolare» il movimento operaio, per dargli «un impulso vigoroso ». Sarebbe difficile immaginare un argomento che si confuti da se stesso con maggiore evidenza! In Russia ci sono forse così pochi scandali da dover inventare «stimolanti» speciali? D'altra parte, non è evidente che coloro i quali non si sentono stimolati e non sono passibili di essere stimolati nemmeno dal regime di arbitrio che domina in Russia rimarranno egualmente «con le mani in tasca» di fronte al duello di un pugno di terroristi con il governo? Le infamie della vita russa stimolano fortemente le masse operaie, ma noi non sappiamo, per così dire, né raccogliere, né concentrare tutte le gocce e i getti dell'effervescenza popolare, che, infinitamente più numerosi di quanto crediamo, si sprigionano dalla vita russa, e che bisogna appunto fondere in un solo gigantesco torrente. Che ciò sia possibile è provato in modo certo dal grande sviluppo del movimento operaio e dall'ardente interesse degli operai — già segnalato precedentemente — per le pubblicazioni politiche. Fare appello al terrorismo o fare appello a che sia dato alla stessa lotta economica un carattere politico, sono due modi diversi di sottrarsi al dovere più imperioso dei rivoluzionari russi: l‘organizzazione di una multiforme agitazione politica. Il gruppo Svoboda vuole sostituire all‘agitazione il terrorismo, riconoscendo apertamente che "dal momento in cui comincerà tra le masse una agitazione energica e vigorosa, la funzione stimolatrice del terrorismo sarà finita". Questa confessione mostra appunto che terroristi ed economisti sottovalutano l‘attività rivoluzionaria delle masse, che pure è chiaramente dimostrata dagli avvenimenti della primavera. Gli uni cercano degli "stimolanti" artificiali, gli altri parlano di "rivendicazioni concrete". Gli uni e gli altri non rivolgono sufficiente attenzione allo sviluppo della loro attività per l‘agitazione politica e per l‘organizzazione di campagne di denunce politiche. Eppure non c‘è niente che possa sostituirle né oggi, né in qualsiasi altro momento.
d) Che cosa hanno in comune l’economismo e il terrorismo
Più sopra in una nota abbiamo messo a confronto un economista con un terrorista non socialdemocratico che per caso si sono trovati d‘accordo. Ma, in generale, tra gli economisti e i terroristi esiste un legame non accidentale, ma necessario, intrinseco, del quale dovremo ancora occuparci parlando della educazione dell‘attività rivoluzionaria. Gli economisti e i terroristi della nostra epoca hanno una radice comune: la sottomissione alla spontaneità di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente come di un fenomeno generale e di cui esamineremo ora l‘influenza sull‘azione e sulla lotta politica. A prima vista, la nostra affermazione può sembrare paradossale, tanto grande sembra la differenza tra coloro che antepongono a tutto la "grigia lotta quotidiana" e coloro che propugnano la lotta che esige la massima abnegazione: la lotta di individui isolati. Ma non si tratta per niente di un paradosso. Economisti e terroristi si prosternano davanti ai due poli opposti della tendenza della spontaneità: gli economisti dinanzi alla spontaneità del "movimento operaio puro", i terroristi dinanzi alla spontaneità e allo sdegno appassionato degli intellettuali che non sanno collegare il lavoro rivoluzionario e il movimento operaio, o non ne hanno la possibilità. È infatti difficile, per chi non ha più fiducia in tale possibilità o non vi ha mai creduto, trovare al proprio sdegno e alla propria energia rivoluzionaria uno sbocco diverso dal terrorismo. Perciò la sottomissione alla spontaneità nelle due direzioni indicate non è che l‘inizio dell‘attuazione del famoso programma del "Credo": gli operai conducono la "lotta economica contro i padroni e contro il governo" (l‘autore del "Credo" ci perdoni se esprimiamo il suo pensiero nel linguaggio di Martynov: riteniamo di averne il diritto, perché anche nel "Credo" si dice che la lotta economica "spinge gli operai a occuparsi del regime politico"), e gli intellettuali sviluppano la lotta politica con le loro proprie forze ricorrendo, naturalmente, al terrorismo. È questa una deduzione assolutamente logica e inevitabile, sulla quale non si insisterà mai troppo, anche se la sua inevitabilità non è compresa da coloro stessi che cominciano a mettere in pratica tale programma. L‘attività politica ha una propria logica, indipendente dalla coscienza di coloro che, con le migliori intenzioni del mondo, fanno appello al terrorismo oppure domandano che si dia alla stessa lotta economica un carattere politico. L‘inferno è lastricato di buone intenzioni, e in questo caso le buone intenzioni non salvano ancora dal lasciarsi attrarre dalla "linea del minimo sforzo", dalla linea del programma puramente borghese del "Credo". Infatti, non è casuale neppure la circostanza che molti liberali russi - liberali schietti e liberali mascherati da marxisti - simpatizzano con tutta l‘anima col terrorismo e si sforzano oggi di appoggiare lo sviluppo delle tendenze terroristiche.
La creazione del «Gruppo rivoluzionario socialista Svoboda», che si prefigge di aiutare con tutti i mezzi il movimento operaio, ma che nel proprio programma ha incluso il terrorismo e la propria emancipazione, per così dire, dalla socialdemocrazia, ha confermato una volta di più la notevole perspicacia di P. Axelrod il quale già alla fine del 1897 aveva predetto letteralmente che le oscillazioni socialdemocratiche avrebbero portato a questi risultati e aveva tracciato le sue celebri «due prospettive» (Problemi riguardanti i compiti attuali e la tattica). Tutte le discussioni e le divergenze che seguono tra i socialdemocratici russi sono contenute, come la pianta nel seme, in quelle due prospettive. Dal punto di vista che abbiamo indicato, è chiaro che il Raboceie Dielo, non avendo resistito alla spontaneità dell'economismo, non ha potuto resistere nemmeno alla spontaneità del terrorismo. In difesa del terrorismo, il gruppo Svoboda adduce argomenti particolari che è molto interessante notare. Esso «nega completamente» la funzione intimidatrice del terrorismo, ma ne sottolinea la «funzione di incitamento [di stimolo]»! Ciò è caratteristico, anzitutto, come uno degli stadi della decadenza e della disgregazione di quel ciclo di idee tradizionali (presocialdemocratiche) che aveva permesso al terrorismo di affermarsi. Riconoscere che oggi è impossibile «intimidire» — e, quindi, disorganizzare — il governo col terrorismo, significa in sostanza condannarlo completamente come metodo di lotta, come sfera di attività sanzionata da un programma. Ma la cosa è ancora più caratteristica come esempio di incomprensione dei nostri compiti immediati per «educare le masse all'attività rivoluzionaria». Il gruppo Svoboda propugna il terrorismo come mezzo per «stimolare» il movimento operaio, per dargli «un impulso vigoroso ». Sarebbe difficile immaginare un argomento che si confuti da se stesso con maggiore evidenza! In Russia ci sono forse così pochi scandali da dover inventare «stimolanti» speciali? D'altra parte, non è evidente che coloro i quali non si sentono stimolati e non sono passibili di essere stimolati nemmeno dal regime di arbitrio che domina in Russia rimarranno egualmente «con le mani in tasca» di fronte al duello di un pugno di terroristi con il governo? Le infamie della vita russa stimolano fortemente le masse operaie, ma noi non sappiamo, per così dire, né raccogliere, né concentrare tutte le gocce e i getti dell'effervescenza popolare, che, infinitamente più numerosi di quanto crediamo, si sprigionano dalla vita russa, e che bisogna appunto fondere in un solo gigantesco torrente. Che ciò sia possibile è provato in modo certo dal grande sviluppo del movimento operaio e dall'ardente interesse degli operai — già segnalato precedentemente — per le pubblicazioni politiche. Fare appello al terrorismo o fare appello a che sia dato alla stessa lotta economica un carattere politico, sono due modi diversi di sottrarsi al dovere più imperioso dei rivoluzionari russi: l‘organizzazione di una multiforme agitazione politica. Il gruppo Svoboda vuole sostituire all‘agitazione il terrorismo, riconoscendo apertamente che "dal momento in cui comincerà tra le masse una agitazione energica e vigorosa, la funzione stimolatrice del terrorismo sarà finita". Questa confessione mostra appunto che terroristi ed economisti sottovalutano l‘attività rivoluzionaria delle masse, che pure è chiaramente dimostrata dagli avvenimenti della primavera. Gli uni cercano degli "stimolanti" artificiali, gli altri parlano di "rivendicazioni concrete". Gli uni e gli altri non rivolgono sufficiente attenzione allo sviluppo della loro attività per l‘agitazione politica e per l‘organizzazione di campagne di denunce politiche. Eppure non c‘è niente che possa sostituirle né oggi, né in qualsiasi altro momento.
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