da "Senilità" - Italo Svevo
Il
Balli aveva riso troppo spesso dell'amore di Emilio per non credere ora
nella sua perfetta guarigione. Per di più, da qualche giorno, egli
stesso aveva il più vivo desiderio di rivedere Angiolina. Aveva
immaginato una figura su quei tratti e con quei vestiti. Lo raccontò ad
Emilio il quale gli promise che con le prime parole che avrebbe rivolte
alla fanciulla, l'avrebbe pregata di posare per il Balli. Non v'era da dubitare della sua guarigione. Ormai egli non era neppur geloso del Balli.
Parve poi che il Balli pensasse ad Angiolina non meno di Emilio stesso. Aveva dovuto distruggere un bozzetto su cui aveva spesi sei mesi di lavoro. Anch'egli era in un periodo d'esaurimento e non ritrovava in sé altra idea che quella nata la prima sera in cui Emilio gli aveva fatto conoscere Angiolina. Una sera, lasciando Emilio, gli chiese:
- Tu non ti sei ancora riavvicinato? - Non voleva essere lui a riunirli, ma voleva sapere se Emilio non si fosse rappattumato con Angiolina a sua insaputa. Sarebbe stato un tradimento!
La calma d'Emilio era aumentata ancora. Tutti gli permettevano di fare quello ch'egli voleva ed egli in fondo non voleva niente. Proprio niente. Avrebbe cercato di rivedere Angiolina perché voleva provarsi a parlare e pensare con calore. Doveva venirgli dal di fuori il calore ch'egli non aveva trovato in sé, e sperava di vivere il romanzo che non sapeva scrivere.
La sola inerzia gl'impedì d'andare a cercare la fanciulla. Gli sarebbe piaciuto che altri si fosse incaricato di riunirli, e pensò perfino che avrebbe potuto invitare il Balli a farlo.
Tutto infatti sarebbe stato più facile e più semplice se il Balli si fosse procurato da solo la modella, e gliel'avesse poi consegnata quale amante. Ci avrebbe pensato. Esitava soltanto perché non voleva concedere al Balli una parte importante nel proprio destino.
Importante? Oh, Angiolina rimaneva sempre una persona molto importante per lui. In proporzione al resto se non altro. Tutto era tanto insignificante, ch'ella tutto dominava. Ci pensava continuamente come un vecchio alla propria giovinezza Come era stato giovane
quella notte in cui avrebbe dovuto uccidere per tranquillarsi! Se avesse scritto invece di arrovellarsi prima sulla via e poi altrettanto affannosamente nel letto solitario, avrebbe certo trovata la via all'arte che più tardi aveva cercata invano. Ma tutto era passato per sempre. Angiolina viveva, ma non poteva più dargli la giovinezza.
Una sera, accanto al Giardino Pubblico, la vide camminare dinanzi a sé. La riconobbe al noto passo. Ella teneva sollevate le gonne per preservarle dalla fanghiglia, e, alla luce di un gramo fanale, egli vide rilucere le scarpe nere di Angiolina. Ne fu subito turbato.
Ricordò che al culmine della sua angoscia amorosa, egli aveva pensato che il possesso di quella donna gli avrebbe data la guarigione. Ora invece pensò:
- Mi animerebbe!
- Buona sera, signorina - disse con quanta calma poté trovare nell'affanno del desiderio che lo colse dinanzi a quella faccia da bambino roseo, con gli occhi grandi dai contorni precisi, che parevano tagliati allora allora.
Ella si fermò, afferrò la mano che le era stata offerta e rispose lieta e serena al saluto:
- Come sta? E tanto che non ci vediamo.
Parve poi che il Balli pensasse ad Angiolina non meno di Emilio stesso. Aveva dovuto distruggere un bozzetto su cui aveva spesi sei mesi di lavoro. Anch'egli era in un periodo d'esaurimento e non ritrovava in sé altra idea che quella nata la prima sera in cui Emilio gli aveva fatto conoscere Angiolina. Una sera, lasciando Emilio, gli chiese:
- Tu non ti sei ancora riavvicinato? - Non voleva essere lui a riunirli, ma voleva sapere se Emilio non si fosse rappattumato con Angiolina a sua insaputa. Sarebbe stato un tradimento!
La calma d'Emilio era aumentata ancora. Tutti gli permettevano di fare quello ch'egli voleva ed egli in fondo non voleva niente. Proprio niente. Avrebbe cercato di rivedere Angiolina perché voleva provarsi a parlare e pensare con calore. Doveva venirgli dal di fuori il calore ch'egli non aveva trovato in sé, e sperava di vivere il romanzo che non sapeva scrivere.
La sola inerzia gl'impedì d'andare a cercare la fanciulla. Gli sarebbe piaciuto che altri si fosse incaricato di riunirli, e pensò perfino che avrebbe potuto invitare il Balli a farlo.
Tutto infatti sarebbe stato più facile e più semplice se il Balli si fosse procurato da solo la modella, e gliel'avesse poi consegnata quale amante. Ci avrebbe pensato. Esitava soltanto perché non voleva concedere al Balli una parte importante nel proprio destino.
Importante? Oh, Angiolina rimaneva sempre una persona molto importante per lui. In proporzione al resto se non altro. Tutto era tanto insignificante, ch'ella tutto dominava. Ci pensava continuamente come un vecchio alla propria giovinezza Come era stato giovane
quella notte in cui avrebbe dovuto uccidere per tranquillarsi! Se avesse scritto invece di arrovellarsi prima sulla via e poi altrettanto affannosamente nel letto solitario, avrebbe certo trovata la via all'arte che più tardi aveva cercata invano. Ma tutto era passato per sempre. Angiolina viveva, ma non poteva più dargli la giovinezza.
Una sera, accanto al Giardino Pubblico, la vide camminare dinanzi a sé. La riconobbe al noto passo. Ella teneva sollevate le gonne per preservarle dalla fanghiglia, e, alla luce di un gramo fanale, egli vide rilucere le scarpe nere di Angiolina. Ne fu subito turbato.
Ricordò che al culmine della sua angoscia amorosa, egli aveva pensato che il possesso di quella donna gli avrebbe data la guarigione. Ora invece pensò:
- Mi animerebbe!
- Buona sera, signorina - disse con quanta calma poté trovare nell'affanno del desiderio che lo colse dinanzi a quella faccia da bambino roseo, con gli occhi grandi dai contorni precisi, che parevano tagliati allora allora.
Ella si fermò, afferrò la mano che le era stata offerta e rispose lieta e serena al saluto:
- Come sta? E tanto che non ci vediamo.
Nessun commento:
Posta un commento