5 dicembre 2018

Da “Piena estate”, VI – Derek Walcott

dipinto di Aldo Balding
Da “Piena estate”, VI – Derek Walcott

La piena estate si stende al mio fianco col suo sbadiglio da gatto.
Alberi con polvere delle labbra, auto che si sciolgono
nel forno. I randagi barcollano per l’afa.
Hanno ridipinto il campidoglio di rosa, i cancelli
attorno a Woodford Square color sangue arrugginito.
Casa Rosada, l’umore argentino,
canticchia dal balcone. Sopra la drogheria conese,
cespugli monotoni e sgargianti dipingono nelle nubi umide
ideogrammi di poiane. I vicoli soffocano come forni.
A Belmont, sarti afflitti si piegano su vecchie macchine,
cucendo giugno e luglio assieme senza sosta.
E uno attende il lampo estivo come la sentinella armata
attende nella noia il colpo di un fucile.
Ma io mi nutro della sua polvere, della sua ordinari età,
della fede che riempie i suoi esuli di orrore,
dei colli al crepuscolo con le loro luci arancio e polverose,
persino del faro pilota che rotea nel porto fetido
come quello della polizia. Il terrore, se non altro,
è locale. Come la magnolia e il suo profuma da puttana.
Tutta notte, i latrati di una rivoluzione che grida al lupo.
La luna luccica come un distintivo smarrito.
Sul pontile si accendono i lampioni gialli al sodio.
In strada, piatti che cozzano dietro finestre cupe.
La notte è socievole, il futuro efferato come il sole di domani.
Posso capire l’amore cieco di Borges per Buenos Aires,
come un uomo senta le strade di una città gonfiarsi nelle sue mani.

da Derek Walcott, Nelle vene del mare, a cura di Matteo Campagnoli
Corriere delle Sera - Un secolo di poesia, a cura di Nicola Crocetti

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