Mario Tozzi - Figura femminile, 1972
da “La lupa” – Giovanni Verga
Era alta, magra,
aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna - e pure non era più giovane;
era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e su quel pallore due
occhi grandi così, e delle labbra fresche e rosse, che vi mangiavano. Al
villaggio la chiamavano la Lupa
perché non era sazia giammai -di nulla. Le donne si facevano la croce quando la
vedevano passare, sola come una cagnaccia, con quell'andare randagio e
sospettoso della lupa affamata; ella si spolpava i loro figliuoli e i loro
mariti in un batter d'occhio, con le sue labbra rosse, e se li tirava dietro
alla gonnella solamente a guardarli con quegli occhi da satanasso, fossero
stati davanti all'altare di Santa Agrippina. Perché la Lupa non veniva mai in
chiesa, né a Pasqua, né a Natale, né per ascoltar messa, né per confessarsi.
Padre Angiolino di Santa Maria di Gesù, un vero servo di Dio, aveva persa
l'anima per lei.
Maricchia,
poveretta, buona e brava ragazza, piangeva di nascosto, perché era figlia della
Lupa, e nessuno l'avrebbe tolta in moglie, sebbene ci avesse la sua bella roba
nel cassettone, e la sua buona terra al sole, come ogni altra ragazza del
villaggio.
Una volta la Lupa
si innamorò di un bel giovane che era tornato da soldato, e mieteva il fieno
con lei nelle chiuse del notaro; ma proprio quello che si dice innamorarsi,
sentirsene ardere le carni sotto al fustagno del corpetto, e provare,
fissandolo negli occhi, la sete che si ha nelle ore calde di giugno, in fondo
alla pianura. Ma lui seguitava a mietere tranquillamente, col naso sui
manipoli, e le diceva: “O che avete, gnà Pina?” Nei campi immensi, dove
scoppiettava soltanto il volo dei grilli, quando il sole batteva a piombo, la
Lupa, affastellava manipoli su manipoli, e covoni su covoni, senza stancarsi
mai, senza rizzarsi un momento sulla vita, senza accostare le labbra al fiasco,
pur di stare sempre alle calcagna di Nanni, che mieteva e mieteva, e le
domandava di quando in quando: “Che volete, gnà Pina?”
Una sera ella
glielo disse, mentre gli uomini sonnecchiavano nell'aia, stanchi dalla lunga
giornata, ed i cani uggiolavano per la vasta campagna nera: “Te voglio! Te che
sei bello come il sole, e dolce come il miele. Voglio te!” “Ed io invece voglio
vostra figlia, che è zitella,” rispose Nanni ridendo. La Lupa si cacciò le mani
nei capelli, grattandosi le tempie senza dir parola, e se ne andò; né più
comparve nell'aia.
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