Ubaldo Oppi - Paesaggio montano con strada, 1926
Bambinerie in tinta chiara – Antonia Pozzi
ad A.M.C.
Ieri, in campagna, ero rimasta sola,
in un prato, a snidare le violette.
Il cielo si era chiuso indifferente
in un suo pastranello grigio chiaro,
spolverato da sbuffi freddolini:
ma la terra, in compenso, mi alitava
sulle mani il suo fiato umido e caldo
e a districare piano i ciuffi d'erba
mi sembrava d'insinuar le dita
fra i capelli d'una persona viva.
Pensavo intensamente al mio fratello
e una lenta tristezza m'invadeva,
diffusa come uno stupore bianco.
Mi dicevo che forse nella vita
non potrò dargli mai neppure un fiore:
un fiore ch'io abbia colto in questi prati
dove, bambina, camminavo scalza
per un'ebbra ed inconscia frenesia
di contatti selvaggi con la terra.
Ieri, s'egli mi fosse stato accanto,
non gli avrei regalato delle viole:
odoravano troppo sottilmente
e, a toccarle, sembravano aggricciarsi
già col presentimento d'avvizzire.
Avrei preso due o tre margheritine,
i più dimessi fiori, i più sereni,
che si lasciano coglier senza brividi,
che non odoran tanto sono puri.
Con pure mani gliele avrei offerte,
gettata tutta la mia vita inquieta
in uno stordimento blando e chiaro,
che mi riconduceva lievemente
la mia rinata fanciullezza intatta.
Milano, 22 aprile 1929
Ieri, in campagna, ero rimasta sola,
in un prato, a snidare le violette.
Il cielo si era chiuso indifferente
in un suo pastranello grigio chiaro,
spolverato da sbuffi freddolini:
ma la terra, in compenso, mi alitava
sulle mani il suo fiato umido e caldo
e a districare piano i ciuffi d'erba
mi sembrava d'insinuar le dita
fra i capelli d'una persona viva.
Pensavo intensamente al mio fratello
e una lenta tristezza m'invadeva,
diffusa come uno stupore bianco.
Mi dicevo che forse nella vita
non potrò dargli mai neppure un fiore:
un fiore ch'io abbia colto in questi prati
dove, bambina, camminavo scalza
per un'ebbra ed inconscia frenesia
di contatti selvaggi con la terra.
Ieri, s'egli mi fosse stato accanto,
non gli avrei regalato delle viole:
odoravano troppo sottilmente
e, a toccarle, sembravano aggricciarsi
già col presentimento d'avvizzire.
Avrei preso due o tre margheritine,
i più dimessi fiori, i più sereni,
che si lasciano coglier senza brividi,
che non odoran tanto sono puri.
Con pure mani gliele avrei offerte,
gettata tutta la mia vita inquieta
in uno stordimento blando e chiaro,
che mi riconduceva lievemente
la mia rinata fanciullezza intatta.
Milano, 22 aprile 1929
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