Antiloco
(…)
Neanche lo sapeva ancora, Achille, che il suo amato era
morto. La sua tenda eralontana, sotto le navi nere, e Patroclo era andato a
morire sotto le mura di Troia. Non poteva saperlo. Me lo immagino là, nella
tenda, ancora a pensare che presto Patroclo sarebbe tornato, dopo aver cacciato
i Troiani, e gli avrebbe restituito le armi, e avrebbero banchettato insieme,
e... e mentre pensava queste cose, proprio in quel medesimo momento, Patroclo
era già un cadavere conteso da ogni parte, e intorno a lui guerrieri si
uccidevano, e lance aguzze brillavano, e scudi di bronzo cozzavano con fragore.
Questo si dovrebbe imparare, del dolore: è figlio di Zeus. E Zeus è figlio di
Crono.
E quella storia di Xanto e Balio? A proposito di
dolore... Erano i cavalli immortali di Achille, e avevano portato Patroclo in
battaglia. Beh, quando Patroclo cadde, Automedonte li portò lontano dalla
mischia, pensando di metterli in salvo facendoli galoppare fino alle navi. Ma
quelli, quando furono in mezzo alla pianura, si fermarono, tutt'a un tratto, si
immobilizzarono, perché il loro cuore era spezzato dal dolore per la morte di
Patroclo. Provava a farli andare, Automedonte, frustandoli o supplicandoli con
dolcezza, ma quelli non ne volevano sapere di tornare alle navi, se ne stavano
immobili, come una stele di pietra sulla tomba di un uomo, con i musi che
sfioravano la terra, e piangevano, lacrime brucianti, dagli occhi, così dice la
leggenda, piangevano. Non erano nati per soffrire vecchiaia o morte, loro,
erano immortali. Ma avevano cavalcato al fianco dell'uomo, e da lui adesso
imparavano il dolore: perché non c'è nulla sulla faccia della terra, nulla che
respiri o cammini, nulla di così infelice come l'uomo. Alla fine, bruscamente,
i due cavalli si lanciarono al galoppo, ma verso la battaglia: Automedonte
cercò di fermarli, ma non c'era niente da fare, si misero a scorrazzare in
mezzo alla mischia, come avrebbero fatto in combattimento, capite?, ma
Automedonte, sul carro, era solo, doveva tenere le redini, non poteva certo
impugnare le armi, e così non poteva uccidere nessuno, loro lo portavano contro
i guerrieri e in mezzo allo scontro, ma la verità è che lui non poteva
combattere, la verità è che quello sembrava un carro impazzito, che come un vento
attraversava la battaglia, senza colpo ferire, assurdo e meraviglioso.
Poi gli Achei capirono che quella battaglia la stavano
per perdere. Alcuni, come Idomeneo, abbandonarono proprio il campo, dandosi per
vinti. Gli altri pensarono di tornare verso le navi, ma senza smettere di
combattere, e cercando di portarsi via il corpo di Patroclo. Qualcuno disse
anche che conveniva andare ad avvertire Achille di quello che era successo, e
tutti furono d'accordo, solo che non sapevano chi mandare, avevano bisogno di
guerrieri, là, e poi forse nessuno voleva davvero essere colui che avrebbe
portato ad Achille la notizia della morte di Patroclo. Alla fine scelsero un
ragazzo, che Achille amava, e che, in quel momento, stava combattendo lontano
dal corpo di Patroclo. E quel ragazzo ero io. Io mi chiamo Antiloco, sono uno
dei figli di Nestore. Quando mio padre partì per la guerra di Troia io ero
ancora troppo giovane per partire con lui. così rimasi a casa. Ma cinque anni
dopo, senza dir nulla a mio padre, presi una nave e raggiunsi la spiaggia di
Troia. Mi presentai ad Achille, e gli dissi tutta la verità, che ero scappato per
venire a combattere al suo fianco. Mio padre mi ucciderà, dissi. Achille ammirò
il mio coraggio e la mia bellezza. Tuo padre sarà fiero di te, mi disse. E così
fu. Io divenni uno di loro, e con la follia di un ragazzo, al loro fianco
combattei quella guerra. Fino al giorno in cui, in mezzo allo scontro, vidi
arrivare Menelao, di corsa, cercava proprio me, e quando mi fu vicino, mi
guardò negli occhi e mi disse "Patroclo è morto, Antiloco, io questa
notizia non avrei mai voluto dartela, ma la verità è che Patroclo è morto,
ucciso dai Troiani".
(…)
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