Diana e Endimione, affreschi di Annibale Carracci in Palazzo Farnese, Roma
da Inno ad Artemide – Callimaco
(…)
Lo
stupore ti colse all'improvviso
e
dicesti tra te: Degna di
Artemide
sarebbe
questa come prima caccia.
Erano
cinque in tutto: quattro in corsa
ne
catturasti svelta senza i cani,
perché
il veloce carro ti portassero.
La
sola che oltre il fiume Celadonte,
su
consiglio di Era, fuggì via
-
per divenire poi una prova di Eracle-
la
ricevette il colle di Cerinio.
Artemide
Partenia, che di Titio
facesti
strage, hai d'oro arco e cintura
ed
attaccasti al giogo un carro d'oro
e
freni d'oro, dea, desti alle cerve.
E
dove ti portò la prima volta
il
carro di animali con le corna?
Sull'Emo
trace, da cui giunge il soffio
tempestoso
di Borea e porta un gelo
esiziale
per chi non ha il mantello.
E
la fiaccola dove la tagliasti
e
a quale fiamma l'accendesti? Un alito
di
fuoco producesti inestinguibile,
che
sprigionano i fulmini del padre
sull'Olimpo
di Misia. E quante volte
sperimentasti,
dea, l'arco d'argento?
La
prima volta a un olmo, la seconda
a
una quercia mirasti, ad una belva
la
terza volta, non contro una quercia
mandasti
il tiro per la quarta volta,
ma
contro una città d'uomini ingiusti,
con
un comportamento molto empio
verso
se stessi e verso gli stranieri,
infelici,
cui lasci impresso il segno
d'un'ira
rovinosa. Dalla peste
le
loro bestie sono divorate,
dal
gelo i seminati, per i figli
i
vecchi si recidono la chioma,
le
donne, fatte segno dei tuoi colpi
o
muoiono di parto, o, se si salvano,
partoriscono
figli che non stanno
ritti
sulle caviglie. Ma a coloro
a
cui ti volgi mite e sorridente,
porta
il campo la spiga, bene cresce
la
razza dei quadrupedi e la casa;
vanno
al sepolcro, solo per portare
qualcuno
molto vecchio, la discordia,
che
rovina le case ben piantate,
non
danneggia la razza e le cognate
stanno
sedute ad una stessa mensa.
(…)
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