dipinto di Fernando Botero
da “La signora del
miele” - Fanny Buitrago
(…)
Disteso
sul pavimento della cucina, il dottor Manuel Amiel misurò nei polpacci di
Teodora Vancejosla dimensione del fallimento. Né i suoi baci, né le sue mani
ardenti, né la passione senza limiti avevano il potere di intenerirla. Ebbe
pena di se stesso. Era un artista, sì, un artista innamorato di una statua, ma
nulla a che vedere con il fortunato Pigmalione. La sua Galatea non era di marmo
e nemmeno di gesso o di ferro fuso, era la bellezza fatta carne.
“Non
mi vuoi proprio rispondere?” Il dottor Amiel si alzò con dignità, lisciando la
piega che affiorava fra i suoi pantaloni. “Perché fai finta di non sentire? Che
cos’hai visto in Galaor Ucròs? Questo voglio sapere.”
“Gliel’ho
detto mille volte, dottore.”
“Voglio
saperlo.” Amiel le inviò un bacio nell’aria per alleviare la sua disfatta. Un
bacio che lei fece in modo di ignorare.
“E’
il mio destino.” Teodora sorrise beata. Immaginava i giorni, le settimane,
forse i mesi che aveva davanti. “Come faccio a rinunciare al mio Galaor? E’ un
uomo molto bello. E per di più mi vuole bene.”
“E’
un perfetto fannullone. E vuole il tuo lavoro.”
Teodora
rimase in silenzio. Amiel sistemava, a una a una, delle fettine di granchio
nelle unghie ovali della ninfa. Indagò:
“E
pensi di fargli una sorpresa?”.
“Certo.”
“Io,
se fossi in te, mi terrei la voglia di partire. Mancano appena due mesi alle
feste di dicembre. Aspetta! Non ti complicare la vita. Lascia che segua il suo
corso normale.”
L’amorino,
con un sopracciglio inarcato e le labbra vezzosamente incurvate, li guardava
insolente. era dolce, aromatico; ripieno di uva passa e frutta candita. Teodora
invidiò la donna cui era destinato e gli accarezzò una natica.
“Ho
già comprato il biglietto.”
“Puoi
sempre annullarlo.”
“Sono
dimagrita di quindici chili. Galaor sarà affascinato dal mio nuovo aspetto. Ha
un debole per le donne snelle. E poi mi comprerò dei vestiti eleganti e
cambierò pettinatura”.
Il
dottor Amiel la guardò meravigliato, come se non avesse assistito all’anno di
sacrifici e orrore cui si era volontariamente sottoposta Teodora per concedersi
il lusso di acquistare abiti taglia quarantadue,
“Grassa
o magra, sei sempre un delizioso bocconcino. Il fatto è che tuo marito è
interessato solo alle donne dalla vita in giù e ai fornelletti per friggere
banane mature nel burro…”
Teodora
non esclamò scandalizzata “Oh, dottor Amiel”, e neppure “Chiuda quella bocca,
dottore!”, come aveva fatto altre volte. Era radiosa per i chili persi e la
prospettiva del viaggio. Aveva appuntamento per sabato da un parrucchiere
all’angolo di calle Naràez con plaza Dalì. Voleva dei ricci vaporosi, la nuca
scoperta e un ciuffo platinato. Avrebbe fatto una sorpresa a Galaor.
(…)
Traduzione di
Antonella Donazzan
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