La stanza era calda,
l’aria secca smossa da un venticello lieve. Spaghetti, linguine, margherite,
mafalde, busiate e bucatini pendevano da lunghe canne di bambù appese al
soffitto, e, con le loro ombre, disegnavano reticoli filiformi sulle pareti
bianche.
«È come stare dentro
a un caleidoscopio» disse Concetta incantata da quella giostra intessuta di
chiaroscuri.
La figlia sbuffò:
«T’assicuro la magia! Specie quando devo trasportare sulle spalle venti chili
per volta di pasta secca…».
“Com’è acida” pensò
la madre e non aggiunse altro.
Non c’erano sedie.
Concettina impilò due sacchi gonfi di grano e invitò l’altra ad accomodarsi. Si
trovarono vicine e rimasero per un po’ a fissare la parete di fronte.
«Voglio andare a
Palermo» disse infine Concetta.
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