dipinto di Johannes Müller-Franken
da “I segreti della tavola di Montalbano” – Stefania Campo
Tra le pagine de Il Giro di boa, un brano tragi-comico ci fa capire l’importanza per Montalbano di non perdere le sue abitudini alimentari, strettamente connesse alla fiducia e alla stima che ha sempre riposto in Calogero e nella sua trattoria.
Accade infatti che il ristoratore decida di chiudere improvvisamente i battenti per andare in pensione, lasciando il povero Salvo nella disperazione più nera. Montalbano non sa cucinare e nemmeno intende imparare, non è abile a carpire i segreti delle ricette o a improvvisarsi un grande chef come il suo collega Carvalho. Sa che in Sicilia si mangia bene, che “non si mori mai di fami”, quindi affida interamente a terzi la sua nutrizione.
Come si dice in Sicilia ognuno fa il suo “misteri”, lui sa far bene il detective, altri cucinano bene per lui. Alla notizia della chiusura del suo locale di fiducia, Montalbano entra nel panico, per diversi giorni vaga disperato da una trattoria all’altra alla ricerca di un posto adatto a lui, dove si mangi genuino e si spenda poco, un luogo dove il commissario possa recarsi tutti i giorni e ritrovare l’atmosfera casalinga che respirava alla trattoria di Calogero. Pedante nella selezione dei piatti, scarta con deliberata consapevolezza tutto quello che non è locale. Nel racconto intitolato Gli arancini di Montalbano viene chiarito che il commissario non si recherebbe mai a cena al Central Park, una specie di enorme sala per ricevimenti alla periferia di Fela, “dove erano stati capaci d’avvelenarlo con una semplicissima cotoletta e tanticchia di verdura bollita”. (Gli arancini di Montalbano)
Tra le pagine de Il Giro di boa, un brano tragi-comico ci fa capire l’importanza per Montalbano di non perdere le sue abitudini alimentari, strettamente connesse alla fiducia e alla stima che ha sempre riposto in Calogero e nella sua trattoria.
Accade infatti che il ristoratore decida di chiudere improvvisamente i battenti per andare in pensione, lasciando il povero Salvo nella disperazione più nera. Montalbano non sa cucinare e nemmeno intende imparare, non è abile a carpire i segreti delle ricette o a improvvisarsi un grande chef come il suo collega Carvalho. Sa che in Sicilia si mangia bene, che “non si mori mai di fami”, quindi affida interamente a terzi la sua nutrizione.
Come si dice in Sicilia ognuno fa il suo “misteri”, lui sa far bene il detective, altri cucinano bene per lui. Alla notizia della chiusura del suo locale di fiducia, Montalbano entra nel panico, per diversi giorni vaga disperato da una trattoria all’altra alla ricerca di un posto adatto a lui, dove si mangi genuino e si spenda poco, un luogo dove il commissario possa recarsi tutti i giorni e ritrovare l’atmosfera casalinga che respirava alla trattoria di Calogero. Pedante nella selezione dei piatti, scarta con deliberata consapevolezza tutto quello che non è locale. Nel racconto intitolato Gli arancini di Montalbano viene chiarito che il commissario non si recherebbe mai a cena al Central Park, una specie di enorme sala per ricevimenti alla periferia di Fela, “dove erano stati capaci d’avvelenarlo con una semplicissima cotoletta e tanticchia di verdura bollita”. (Gli arancini di Montalbano)
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