Karen E. Segrave | KES PhotonDark Food Photography
da Nel giardino del diavolo - Stewart Lee Allen
La lotta era cominciata. Alcuni capi religiosi esortarono tutti i monaci ad astenersi da quella roba terribile. Ciò infastidì i francescani, che nel frattempo avevano incominciato a esportare il cacao in Spagna con notevole profitto, i quali decretarono che la cioccolata calda poteva essere consumata anche durante la quaresima. Essi commissionarono dipinti con angeli che offrivano fumanti tazze di cioccolata a santi penitenti, invitandoli a berne un sorso. “Oh divina cioccolata!” cantavano i poeti. “Ti macinano in ginocchio / con le mani ti battono pregando / e ti bevono con gli occhi al cielo!” Quando Maria Teresa d’Austria (che era in effetti spagnola) introdusse la cioccolata presso l’aristocrazia francese intorno al 1661, fu accolta da una salva di fischi. Suo marito, Luigi XIV, le proibì di berla in pubblico, per paura che ciò potesse corrompere la morale delle gentildonne francesi, ma il divieto presto rientrò e le chocolat, che nel frattempo veniva preparato con latte e zucchero e profumato al gelsomino, divenne una bevanda molto diffusa alla corte del Re Sole. All’epoca della puritana Madame de Maintenon, la cioccolata cadde temporaneamente in disgrazia, perché le donne che ne facevano uso, si vociferava, davano alla luce neonati color carbone. Il nuovo re, Luigi XV, impose alla sua amante, Madame de Pompadour, una dieta a base di veloutée di tartufo e cioccolata calda, per “risvegliare” i suoi appetiti amorosi. Ma il risultato fu soltanto l’aumento di peso della Pompadour, per cui venne retrocessa al ruolo di “consigliere confidenziale” del re, un termine in codice per definire i suoi sempre più disperati tentativi di trovare altre donne in grado di soddisfare i peculiari appetiti sessuali del re; la ricerca terminò soltanto con l’entrata in scena della divina principessa delle cortigiane, meretrice/dominatrice, Madame
du Barry.
La lotta era cominciata. Alcuni capi religiosi esortarono tutti i monaci ad astenersi da quella roba terribile. Ciò infastidì i francescani, che nel frattempo avevano incominciato a esportare il cacao in Spagna con notevole profitto, i quali decretarono che la cioccolata calda poteva essere consumata anche durante la quaresima. Essi commissionarono dipinti con angeli che offrivano fumanti tazze di cioccolata a santi penitenti, invitandoli a berne un sorso. “Oh divina cioccolata!” cantavano i poeti. “Ti macinano in ginocchio / con le mani ti battono pregando / e ti bevono con gli occhi al cielo!” Quando Maria Teresa d’Austria (che era in effetti spagnola) introdusse la cioccolata presso l’aristocrazia francese intorno al 1661, fu accolta da una salva di fischi. Suo marito, Luigi XIV, le proibì di berla in pubblico, per paura che ciò potesse corrompere la morale delle gentildonne francesi, ma il divieto presto rientrò e le chocolat, che nel frattempo veniva preparato con latte e zucchero e profumato al gelsomino, divenne una bevanda molto diffusa alla corte del Re Sole. All’epoca della puritana Madame de Maintenon, la cioccolata cadde temporaneamente in disgrazia, perché le donne che ne facevano uso, si vociferava, davano alla luce neonati color carbone. Il nuovo re, Luigi XV, impose alla sua amante, Madame de Pompadour, una dieta a base di veloutée di tartufo e cioccolata calda, per “risvegliare” i suoi appetiti amorosi. Ma il risultato fu soltanto l’aumento di peso della Pompadour, per cui venne retrocessa al ruolo di “consigliere confidenziale” del re, un termine in codice per definire i suoi sempre più disperati tentativi di trovare altre donne in grado di soddisfare i peculiari appetiti sessuali del re; la ricerca terminò soltanto con l’entrata in scena della divina principessa delle cortigiane, meretrice/dominatrice, Madame
du Barry.
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