Antonio Donghi, Ritratto di madre e figlia, dipinto su tela, Palazzo De Carolis, Unicredit
Domani –
Antonia Pozzi
Se chiudo gli occhi a pensare
quale sarà il mio domani,
vedo una larga strada
che sale
dal cuore d'una città sconosciuta
verso gli alberi alti
d'un antico giardino.
Sole, sole violento
e in fondo
le ombrelle nere dei pini
che macchiano l'azzurro.
S'agita nella strada
una folla d'ignoti passanti:
ma nessuno mi guarda,
nessuno mi chiede
di me,
del mio pianto,
di tutto il pianto
che fu versato
quando dovetti lasciare
il mio paese lontano.
Oggi io cammino
senza piangere più
e non m'importa, non m'importa
che l'anima non abbia nulla di suo,
nemmeno più il dolore:
oggi tutta la vita
mi pulsa nel palmo d'una mano,
mi trema in cima alle dita
che serrano
teneramente
la manina della mia creatura.
Oh bimbo, bimbo mio non nato,
la tua mamma non sa
che viso avrai,
ma la tua manina la sente
per ogni sua vena
leggera
come un piccolo fiore senza peso.
La mamma oggi è venuta
a prenderti alla scuola
(da così pochi giorni ci vai!
ancora, la mattina,
quando resti là solo,
fai con la bocca un po' di mestolino);
la mamma oggi è venuta
a prenderti all'uscita
ed ora si ritorna a casa insieme,
adagio,
per non stancare
le tue gambine corte.
Vedi, piccolo: bisogna che saliamo
tutta questa lunga strada.
Quando saremo in cima,
entreremo nel vecchio giardino,
sotto gli alberi neri neri;
lo traverseremo tutto;
usciremo dal piccolo cancello
in fondo all'ultimo viale:
fuori,
sul ciglio del primo prato,
c'è la nostra casa.
Bambino, quando saremo giunti
alla nostra casa,
dopo tanto salire,
io ti solleverò alto da terra,
ti metterò nelle braccia
di chi è lassù ad aspettare,
gli dirò: Vedi,
vedi che cosa ti ho portato?
E l'anima,
donato il suo ultimo dono,
resterà nuda e povera
come la spiga vuota.
Ma tu, tu, creatura,
nelle piccole mani porterai,
fiore della rinuncia mia,
tesoro di tutti gli umani,
una speranza di Bene.
Milano,
27 marzo 1931
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