Pauwels Franck - Diana e le Ninfe spiate da Atteone
da Inno ad Artemide – Callimaco
(…)
Quando
le ninfe in coro ti circondano
presso
le fonti dell'egizio Inopo
o
a Pitane (Pitane pure è tua)
o
a Limne o dove, dea, per dimorarvi
venisti
dalla Scizia, Ale Arafenide,
e
le usanze dei Tauri rifiutasti,
non
arino in quel tempo le mie vacche,
date
in affitto, un campo che misura
quattro
piene giornate di fatica,
sotto
un altrui aratore: al letamaio
farebbero
ritorno zoppicanti
col
collo affaticato, anche se fossero
bestie
di nove anni, di Stinfèa,
dalle
corna capaci di trainare,
superiori
ad ogni altra per aprire
profondi
solchi. Infatti, quel bel coro
non
supera il dio Elios, ma lo ammira,
fermando
il carro, e il giorno si fa lungo.
Che
isola, che monte, quale porto
ti
fu più caro, che città, che ninfa
amavi
più delle altre? E che eroine
avesti
accanto? Dillo a noi, tu, dea,
ed
io lo canterò per l'altra gente.
Ti
fu gradita Dòliche fra le isole,
Perge
fra le città, caro fra i monti
ti
fu il Taigeto e i porti dell'Euripo.
La
ninfa di Gortina, Britomarti
amavi
più delle altre, cacciatrice
di
buona mira, per la quale un tempo
Minosse,
follemente innamorato,
per
i monti di Creta scese in corsa.
Ora
andava a nascondersi la ninfa
sotto
le querce ricche di fogliame,
ora
nei prati. Andò per nove mesi
egli
girando tra costoni e rupi
e
non sospese mai l'inseguimento,
finché,
quasi raggiunta, ella nel mare
balzò
da un alto scoglio e nelle reti
dei
pescatori andò a cadere in salvo.
I
Cidonii da allora danno il nome
di
Dittinna alla ninfa e di Dittèo
al
monte da cui giù balzò la ninfa.
Posero
altari e fanno sacrifici
e
corone di pino e di lentisco
in
quel giorno vi sono e non si tocca
il
mirto con le mani; allora infatti
un
rametto di mirto nella fuga
s'impigliò
tra le vesti alla fanciulla,
e
perciò molto si adirò col mirto.
Upi
signora di splendente aspetto,
portatrice
di luce, danno il nome
da
quella ninfa pure a te i Cretesi.
E
Cirene prendesti per compagna
e
due cani da caccia le donasti
con
cui la figlia di Ipseo nella gara
alla
tomba di Iolco vinse il premio.
E
di Cefalo, figlio di Deione,
la
bionda sposa per compagna accanto
volesti
a caccia e amasti, a quanto dicono,
l'attraente
Anticlea, come la luce
degli
occhi tuoi. Per prime esse portarono
veloci
frecce e in spalla la faretra,
piena
di dardi e avevano scoperta
la
spalla destra e sempre nudo il seno.
Anche
Atalanta dai veloci piedi,
figlia
di Iasio, della stirpe d'Arcade
che
sterminò il cinghiale, avesti cara
e
le insegnasti l'arte della caccia
con
la muta dei cani e il tirar d'arco.
E
coloro che furono invitati
a
caccia del cinghiale calidonio
non
hanno alcuna critica da farle:
portò
in Arcadia insegne vittoriose
ed
ha tuttora i denti della fiera.
Non
credo che nell'Ade, pure odiandola,
parlino
male dell'arciera Ilèo,
né
il dissennato Reco. Non potrebbero
sostenere
con loro la menzogna
i
loro fianchi, da cui in vetta al Mènalo
scorreva
sangue. Dea dai molti templi,
dalle
molte città, Chitonèa, salve,
te
che Mileto ben conosce e Nèleo
fece
sua guida, quando con le navi
tornava
da Cecropia. Dea del Chesio,
dea
dell'Imbraso, tu che hai il primo trono,
nel
tempio tuo il timone della nave
Agamennone
offrì per propiziarsi
un
buon viaggio per mare, poiché i venti
tu
trattenesti, quando navigarono,
irate
a causa d'Elena Ramnuside,
le
navi achee, portando la rovina
alla
città dei Teucri. E per te eresse
due
templi Preto, l'uno come Coria,
poiché
riconducesti le sue figlie
che
erravano sui monti dell'Azenide,
e
l'altro in Lusi come Domatrice,
poiché
dalle fanciulle eliminasti
la
tendenza ferma. A te innalzarono
le
Amazzoni, fautrici della guerra,
sulla
marina d'Efeso una statua
sotto
un tronco, una quercia, e Ippò per te
celebrò
il rito, ed esse, Upi signora,
tutt'intorno
danzarono la prulis,
prima
armate al completo con gli scudi,
poi
in giro, disponendosi in un cerchio
di
vaste proporzioni, e le siringhe
facevano
da sfondo, melodiose
lievemente,
perché, secondo il ritmo,
battessero
la terra (non ancora
dannosa
al cervo, l'opera di Atena
forato
aveva l'osso di cerbiatto).
Da
Sardi l'eco corse al territorio
dei
Berecinzi. Senza interruzione
facevano
gran strepito coi piedi
e
mandavano suono le faretre.
Intorno
a quella statua fu poi eretto
un
vasto santuario, di cui nulla
più
divino e fastoso vedrà Eos:
senza
fatica vincerebbe Pito
Si
vantò di distruggerlo da folle
il
prepotente Ligdami e condusse
un
esercito fitto come sabbia
di
Cimmerî che mungono cavalle
ed
hanno la dimora sullo stretto
della
giovenca Inachia. Ah, vile re,
che
gran peccato! Non doveva mai
tornarsene
di nuovo nella Scizia
e
come lui chiunque aveva i carri
nei
prati del Caìstro. Avanti ad Efeso
c'è
sempre la barriera dei tuoi dardi.
O
dea Munichia, che proteggi i porti,
salve
Ferèa. Nessuno oltraggi Artemide
(non
per Enèo, che trascurò l'altare
vennero
belle prove alla città)
né
si competa nella caccia al cervo
o
nel tirare d'arco (non fu il vanto
pagato
dall'Atride a basso prezzo)
né
si aspiri alla vergine (non 0to
né
Orione fauste nozze ricercarono)
né
la danza annuale si respinga
(non
senza pianto di danzare in cerchio
Ippò
si rifiutò presso l'altare).
Salve,
sovrana, molte volte salve,
a
te giunga gradito questo canto.
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