2 novembre 2017

da Inno a Demetra – Callimaco

Jean Antoine Watteau, Cérès
da Inno a Demetra – Callimaco
(…)
Non si curò degli altri, che per forza
ubbidivano al cenno d'un padrone,
e al protervo signore si rivolse:
Sì, sì, fatti la casa, cane, cane,
in cui darai i banchetti. Nel futuro
avrai banchetti senza interruzione.
Queste parole disse, suscitando
le pene di Erisíttone. All'istante
una fame terribile e selvaggia
gli mise addosso, ardente e vigorosa.
Ed egli, in preda a grave malattia,
cominciò a consumarsi. Sventurato,
più mangiava, più fame aveva ancora.
Preparavano in venti da mangiare
e il vino era da dodici versato.
Dioniso si unì all'ira di Demetra:
ciò che Dioniso anche Demetra offende.
I genitori, presi da vergogna,
per non mandarlo né alle cene a quota
né ai conviti, trovavano pretesti
d'ogni specie. Gli Ormenidi alle gare
di Atena Itonia vennero a invitarlo.
Li respinse la madre: Non è in casa,
ieri appunto è partito per Crannone
per riscuotere i cento buoi d'un credito.
Polissò venne, madre di Attorione,
che preparava al giovane le nozze
ad invitare entrambi, Triopa e il figlio,
e la donna rispose a malincuore
tra le lagrime: Triopa verrà certo,
ma Erisíttone, colto da un cinghiale,
sul monte Pindo dalle belle valli,
da nove giorni è a letto. Cosa mai
non inventasti per amor del figlio,
povera madre? Offriva uno un banchetto:
Erisíttone è fuori di città.
Uno la sposa conduceva a nozze:
Fu colpito Erisíttone da un disco,
o Dal carro è caduto, o Sta a contare
sopra l'Otris i greggi. E tutto il giorno
quello a mensa, nel fondo della casa,
mangiava all'infinito. E più mangiava
più il ventre gli balzava orribilmente.
Si versavano tutte le vivande
inutilmente, senza alcun piacere,
come nella voragine del mare
ed egli, come neve sul Mimante,
come al sole una bambola di cera,
e di più, si struggeva. Sventurato,
finché fu pelle e ossa sopra i nervi.
(…)

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