24 luglio 2018

da Il giardino profumato - Muhammad An-Nafzawi

Hieronymus Bosch - Il giardino delle delizie
da Il giardino profumato - Muhammad An-Nafzawi
Storia di Zohra
Lo sceicco, il protettore della religione (Dio l'Altissimo sia benigno con lui!),riferisce che nella remota antichità viveva un illustre re, che aveva molte armate e immense ricchezze. Questo re aveva sette figlie, notevoli per la loro bellezza e perfezione, che erano nate una dopo l'altra, senza alcun maschio tra di loro.
Molti re di quel tempo le volevano in matrimonio, ma esse si rifiutavano di sposarsi. Portavano abiti maschili, montavano magnifici cavalli con bardature ricamate d'oro, sapevano maneggiare la spada e la lancia, e a singolar tenzone sconfiggevano gli uomini. Ognuna di esse possedeva uno splendido palazzo, con la servitù e gli schiavi necessari per mandarlo avanti. Ogni volta che una proposta di matrimonio per una di esse veniva presentata al re, questi non mancava mai di consultare la figlia in questione; ma esse rispondevano sempre: «Non sarà mai.»
Diverse conclusioni venivano tratte da questi rifiuti; alcune in senso buono, altre in senso cattivo.
Per molto tempo non si potè raccogliere alcuna informazione positiva sulle ragioni di tale condotta e le principesse continuarono ad agire allo stesso modo fino alla morte del padre. Allora la maggiore di esse fu chiamata a succedergli, ricevendo il giuramento di fedeltà dei sudditi. La notizia di questa ascesa al trono si diffuse in tutti i paesi.
Il nome della primogenita era Fuzel Djemal (fiore di bellezza); la seconda si chiamava Soltana el Agmar (regina delle lune); la terza, Bediâat el Djemal (incomparabile in beltà); la quarta, Ouarda (rosa); la quinta, Mahmuda (lodevole); la sesta, Kamela (perfetta); e infine, la settima Zohra (bellezza).
Zohra, la più giovane, era anche la più intelligente e giudiziosa. Amava appassionatamente la caccia e un giorno, mentre galoppava attraverso i campi, incontrò sulla sua via un cavaliere, che la salutò, e lei restituì il saluto. Il cavaliere pensò d'aver udito una voce femminile, ma, siccome il volto di Zohra era coperto da un lembo del suo haik, non ne fu sicuro e si disse: «Devo assolutamente sapere se è un uomo o una donna». Interrogò dunque uno dei servi che seguivano la princpessa, il quale dissolse i suoi dubbi. Allora si avvicinò a Zohra e discorse piacevolmente con lei finché si fermarono per fare colazione. Il cavaliere sedette accanto alla principessa per dividere il pasto.
Con grande delusione di lui, Zohra non si scoprì il volto e, dicendo d'essersi imposta un digiuno, non mangiò nulla. Ma il cavaliere non poté fare a meno di ammirare le mani di Zohra, la grazia della sua vita, l'espressione amorosa dei suoi occhi. E il suo cuore si accese di ardente amore.
Tra loro ebbe luogo la conversazione che segue.
Il Cavaliere: «Il tuo cuore è insensibile all'amicizia?»
Zohra: «Non conviene che un uomo provi amicizia per una donna, poiché, se i loro cuori tendono l'uno verso l'altro, sono presto invasi da desideri e, con Satana che li istiga a peccare, la loro caduta è presto nota a tutti».
Il Cavaliere: «Non è così, quando l'affetto è sincero e il loro rapporto puro, senza infedeltà e tradimento».
Zohra: «Se una donna si lascia sopraffare dall'affetto che sente per un uomo, diventa oggetto del disprezzo generale e tutti la calunniano, dal che non possono venire che pene e rimpianti».
Il Cavaliere: «Ma il nostro amore rimarrà segreto e in questo luogo remoto, che può servirci da luogo d'incontro, avremmo rapporti ignoti a tutti».
Zohra: «Non è sicuro. Non si potrebbe fare molto facilmente, presto saremmo sospettati e avremmo addosso gli occhi di tutti».
Il Cavaliere: «Ma l'amore è fonte di vita. Cioè, la felicità, gli incontri, gli abbracci, le carezze degli amanti. Io sacrificherei la mia fortuna e persino la mia vita per te».
Zohra: «Le tue parole sono ispirate dall'amore e il tuo sorriso è seducente; ma farai meglio a non continuare questo discorso».
Il Cavaliere: «Le tue parole sono di smeraldo e il tuo consiglio sincero. Ma l'amore ha messo radici nel mio cuore e nessuno può strappano di là. Se mi allontani da te, è certo che morirò».
Zohra: «Proprio per questo devi tornare a casa tua e io alla mia. Se piace a Dio, ci incontreremo ancora».
Quindi si separarono, tornando ciascuno alla propria abitazione.
Il nome del cavaliere era Abu e! Meidja. Suo padre, Kheirun, era un grande mercante, immensamente ricco, la cui casa sorgeva isolata oltre la proprietà della principessa, a un giorno di distanza dal palazzo. Tornato nel suo alloggio, Abu el Meidja non trovò pace e, al cader della notte, si buttò di nuovo addosso il temeur, prese un turbante nero e sotto il temeur allacciò la spada. Poi montò in sella al suo cavallo e, accompagnato dal suo negro favorito, Mimun, si allontanò segretamente col favore delle tenebre.
I due cavalcarono senza fermarsi tutta la notte e, all'alba, furono in vista del palazzo di Zohra. Allora fecero una sosta tra le colline e, notata una caverna, vi entrarono con i cavalli. Lasciato il negro a guardia degli animali, Abu el Meidja si avviò verso il palazzo, per esaminare i suoi accessi, e lo trovò circondato da un muro altissimo. Non potendo entrare, si ritirò a una certa distanza per osservare quelli che uscivano. Ma passò l'intera giornata e nessuno comparve. Dopo il tramonto, si sedette all'entrata della caverna e rimase di vedetta fino a mezzanotte; poi il sonno lo spraffece.
Dormiva con il capo sulle ginocchia di Mimun, quando improvvisamente quest'ultimo lo svegliò. «Cosa c'è?» domandò. «Padrone,» disse il negro, «ho sentito dei rumori nella caverna e ho visto il bagliore di una luce.» Abu el Meidja si alzò immediatamente e, guardando con attenzione, scorse in effetti una luce, verso la quale si mosse e che lo guidò in un recesso della grotta. Dopo aver ordinato al negro di aspettare mentre egli andava a vedere da dove provenisse, prese la sua spada e s'inoltrò nella caverna. Scoprì così una specie di volta sotterranea, nella quale discese.
Era quasi impossibile entrarvi, a causa delle pietre che ostruivano l'accesso. Con molta pena, però, riuscì a raggiungere una specie di crepaccio dal quale filtrava la luce. Guardandovi attraverso, vide la principessa Zohra circondata da un centinaio di vergini. Era un magnifico palazzo scavato nel cuore della montagna, stupendamente arredato e risplendente d'oro dappertutto. Le serve mangiavano e bevevano, unendosi ai piaceri della tavola.
Abu el Meidja si disse: «Ahimé, non ho alcun compagno che mi assista in questo difficile frangente». Ispirato da questa riflessione, tornò dal suo servo Mimoun e gli disse: «Va' dal mio fratello davanti a Dio, Abu el Meilukh, e digli di venire qui più presto che può». Subito il negro montò a cavallo e galoppò per il resto della notte.
Di tutti i suoi amici, Abu e! Meilukh era quello che Abu e! Meidja prediligeva. Era il figlio del Visir. Questo giovane, Abu e! Meidja e il negro Mimun passavano per i tre uomini più forti e impavidi del loro tempo e nessuno li aveva mai battuti in duello.
Quando Mimun arrivò dall'amico del padrone e gli riferì quello che era successo, l'altro disse: «Sia fatta la volontà dell'Altissimo, poiché noi apparteniamo a Dio e a Lui ritorneremo». Quindi cinse la sciabola, saltò a cavallo e, prendendo con sé il suo negro favorito, si avviò con Mimun verso la caverna.
Abu e! Meidja uscì a dargli il benvenuto e, avendolo informato dell'amore che sentiva per Zohra, gli disse della sua risoluzione a entrare con la forza nel palazzo, delle circostanze in cui si era rifugiato nella caverna e della meravigliosa scena che qui aveva visto. Abu el Meilukh restò senza parole per la sorpresa.
Al tramonto udirono voci femminili che cantavano, ridevano forte e conversavano animatamente. Abu el Meidja disse all'amico: «Va' in fondo al passaggio sotterraneo e guarda. Poi capirai l'amore di tuo fratello». Abu el Meilukh, sgusciato silenziosamente all'estremità della grotta, guardò all'interno del palazzo e rimase ammaliato dalla vista delle vergini e delle loro bellezze.
«Fratello» chiese, «chi tra quelle donne è Zohra?»
Abu el Meidja rispose: «Quella dalle forme perfette, il cui sorriso è irresistibile, le guance sono rosa e la fronte è mirabilmente bianca, che ha il capo cinto da una corona di perle e indossa una veste scintillante d'oro. E seduta su un trono incrostato di pietre rare e borchie d'argento, e appoggia il capo sulla mano».
«L'ho notata fra tutte le altre» disse Abu el Meilukh, «come se fosse un vessillo o una fiaccola accesa. Ma, fratello mio, permettimi di richiamare la tua attenzione su un fatto che sembra non averti colpito.»
«Quale fatto?» domandò Abu e! Meidja.
L'amico rispose:
«E sicuro, fratello, che in quel palazzo regna la lussuria. Osserva che le donne vengono qui soltanto di notte e che questo è un luogo remoto. Ci sono tutti i motivi per credere che sia dedicato esclusivamente ai piaceri della tavola, del bere e del sesso, e se pensavi di poterti incontrare con il tuo amore in una situazione diversa dalla presente, avresti scoperto che t'ingannavi, anche se avessi trovato il modo di comunicare con lei con l'aiuto di altre persone».
«E perché?» domandò Abu e! Meidja.
«Perché, » disse l'amico, «a quanto mi è dato vedere, Zohra cerca l'affetto di giovani ragazze, il che prova che non ha inclinazione per gli uomini e non può corrispondere al loro amore.»
«O Abu e! Meilukh,» disse e! Meidja, «conosco il valore del tuo giudizio ed è per questo che ti ho mandato a chiamare. Sai che non ho mai esitato a seguire una tua raccomandazione e un tuo consiglio!».
«Fratello» disse il figlo del Visir, «se Dio non ti avesse guidato a questo crepaccio, non avresti mai potuto avvicinare Zohra. Ma, se a Dio piace, di qui possiamo entrare.»
Il mattino dopo, all'alba, ordinarono ai loro negri di praticare un'apertura in quel punto e togliere di mezzo tutto quanto potesse ostruire il passaggio. Fatto questo, nascosero i cavalli in un'altra grotta, al sicuro dagli animali feroci e dai ladri; poi tutti e quattro, i due padroni e i due servi, scesero nella volta sotterranea e penetrarono nel palazzo, ognuno armato di spada e di un piccolo scudo rotondo. Infine richiusero l'apertura, ridando al crepaccio il suo aspetto primitivo.
Ora si trovavano al buio, ma Abu el Meilukh, strofinato un accendino, accese una delle candele che si trovavano nella sala e il quartetto si mise a esplorare il palazzo in ogni senso. L'arredamento era stupendo. Dovunque c'erano letti e divani d'ogni tipo, ricchi candelabri, splendide lumiere, tappeti sontuosi e tavoli coperti di cibi, bevande e frutta, con coppe e bottiglie, e l'aria profumata dalle fragranze più dolci. Poco dopo fecero la loro apparizione le serve. La loro andatura denotava allo stesso tempo indifferenza e languore. Sedettero sui divani e alcune negre offrirono loro da mangiare e da bere. Esse mangiarono, bevvero e cantarono melodiosamente.
Allora, vedendole stordite dal vino, i quattro uomini balzarono fuori dal loro nascondiglio con le spade in pugno, brandendole sopra le teste delle serventi, avendo prima avuto cura di coprisi il viso con il bordo superiore dello haik.
«Chi sono questi uomini» gridò Zohra, «che col favore delle ombre notturne invadono il nostro palazzo? Sono sbucati fuori dalla terra o scesi dal cielo? Cosa volete?»
«Il coito! » risposero essi.
«Con chi?» domandò Zohra.
«Con te, pupilla dei miei occhi! » disse Abu el Meidja, avanzando.
Zohra: «Chi sei?»
«Abu el Meidja.»
Zohra: «Come fai a conoscermi?»
«Sono io quello che hai incontrato mentre andavi a caccia nel tal posto.»
Zohra: «Ma cosa ti ha condotto qui?»
«La volontà dell'Altissimo.»
A questa risposta Zohra tacque, mettendosi a pensare al modo di liberarsi di quegli intrusi.
Ora, tra le vergini presenti ce n'erano molte le cui vulve erano come sbarrate col ferro e che nessuno era stato in grado di deflorare; c'era anche una donna di nome Muna (colei che placa la passione), che era insaziabile riguardo al coito.
Zohra pensò tra sé: «Soltanto con uno stratagemma posso liberarmi di costoro.
Come condizione per il mio consenso, imporrò loro di compiere cose che non sono in grado di fare». Poi, rivolgendosi ad Abu el Meidja, la principessa disse:
«Potrai possedermi soltanto alle condizioni che t'imporrò». I quattro cavalieri acconsentirono ancora prima di conoscerle ed ella continuò:
«Ma datemi la vostra parola che, se non farete ciò che è pattuito, sarete miei prigionieri e vi porrete interamente alla mia mercè».
«Hai la nostra parola,» dissero i quattro uomini. Zohra li fece giurare che l'avrebbero mantenuta, poi, ponendo la sua mano in quella di Abu el Meidja, disse:
«Quanto a te, t'impongo di deflorare ottanta vergini senza eiaculare. Questa è la mia volontà!» Egli rispose:
«Accetto».
Allora lei lo fece entrare in una camera dove c'erano parecchi letti di vario tipo e, una dopo l'altra, gli mandò le ottanta vergini. Abu e! Meidja le deflorò tutte e in tal modo, nel corso di una sola notte, rapi la verginità di ottanta ragazze senza emettere la più piccola goccia di sperma. Questo straordinario vigore sbalordì Zohra e così pure tutte le donne che erano presenti. Allora la principessa, rivolta al negro Mimun, domandò:
«E questo, come si chiama?».
«Mimun» risposero gli altri.
«Il tuo compito» disse Zohra, indicando il negro, «sarà fare l'amore con quella donna, senza riposare mai, per cinquanta giorni consecutivi; non c'è bisogno che eiaculi se non vuoi; ma se la fatica eccessiva ti costringe a fermarti, non avrai assolto il tuo obbligo. »
I due padroni protestarono altamente contro la durezza di questo compito; ma Mimun disse: «Accetto la condizione e ne uscirò con onore!»
In realtà quel negro aveva un appetito insaziabile per l'amplesso. Zohra gli ordinò di andare con Muna nella camera di lei, dicendo a quest'ulti ma di farle sapere se il negro mostrava la minima traccia di fatica.
«E tu come ti chiami?» chiese all'amico di Abu el Meidja.
«Abu el Meilukh,» rispose lui.
«Bene, allora, Abu e! Meilukh, ciò che voglio da te è che tu resti qui, davanti a queste donne e a queste vergini, per trenta giorni di seguito con il membro costantemente in erezione, nelle ore diurne come in quelle notturne» disse la principessa. Poi si rivolse al quarto:
«Come ti chiami?»
«Felah» (buona fortuna), fu la risposta.
«Molto bene, Felah, tu resterai a nostra disposizione per qualunque servigio possiamo richiederti.»
Comunque, Zohra, per non offrire alcun pretesto di mancare alla parola e non essere accusata di malafede, aveva domandato loro, prima di tutto, quale dieta volessero seguire durante il periodo della loro prova. Abu el Meidja aveva chiesto come sola bevanda - a parte l'acqua - latte di cammella con miele e, come nutrimento, ceci cotti con carne e moltissime cipolle; e, grazie a questi cibi, con il permesso di Dio, compì la sua memorabile impresa. Abu e! Meilukh voleva cipolle cucinate con carne e, come bevanda, ancora il succo di cipolle pestate mescolato a miele. Mimoun, da parte sua aveva voluto tuorli d'uova e pane. Comunque, quando ebbe compiuto la sua impresa, Abu el Meidja chiese a Zohra il favore di copulare con lei, poiché aveva mantenuto la sua promessa.
«Impossibile!» esclamò lei. «La prova che tu hai superato è inseparabile da quelle che devono compiere i tuoi compagni. Il patto va rispettato per intero eallora io manterrò la mia promessa. Ma se uno di voi dovesse fallire, sarete tutti miei prigionieri per volontà dell'Altissimo!»
Abu el Meidja cedette di fronte alla sua ferma risoluzione e, sedutosi tra le fanciulle e le donne, mangiò e bevve con loro, aspettando che i suoi compagni portassero a termine i loro compiti. Dapprima Zohra, convinta che ben presto li avrebbe avuti tutti alla sua mercé, era tutta amabilità e sorrisi. Ma quando arrivò il ventesimo giorno, cominciò a dare segni di preoccupazione; e il trentesimo non poté trattenere le lacrime.
Poiché quel giorno Abu e! Meilukh concluse il suo compito ed essendone uscito con onore si sedette vicino all'amico e si unì alla compagnia, che continuò tranquillamente a mangiare e bere in abbondanza.
Da allora la principessa, la cui sola speranza era il fallimento di Mimun, si augurò ardentemente che il negro si sentisse stanco prima di compiere l'opera. Ogni giorno mandava qualcuno a informarsi da Mouna, che le faceva sapere che il vigore del negro aumentava continuamente, tanto che lei cominciava a disperare, vedendo già Abu el Meidja e Abu el Meilukh usciti vittoriosi dalla loro impresa. Un giorno disse ai suoi amici:
«Ho chiesto informazioni sul negro e Muna mi fa sapere che è esausto dalla fatica». Al che Abu el Meidja gridò:
«In nome di Dio, se Mimun non porta a termine il suo compito, anzi, se non continua ad avere amplessi per altri dieci giorni, farà la più orrenda delle morti!»
Ma il suo zelante servitore non si concesse riposo per cinquanta giorni di seguito e continuò ancora per altri dieci, come il suo padrone aveva ordinato. Muna, da parte sua, ebbe la soddisfazione più grande, poiché quell'impresa aveva finalmente soddisfatto il suo ardore per il coito. Mimun, essendo uscito vincitore dalla prova, poté sedersi con i compagni.
Allora Abu el Meidja disse a Zohra:
«Come vedi, abbiamo rispettato tutte le condizioni che ci hai imposto. Sta a tè ora accordarmi quei favori che, secondo il patto, sarebbero stati il premio del nostro successo». «È fin troppo vero!» rispose la principessa e si diede a lui, il quale la trovò superiore alle più
eccellenti.
Quanto al negro Mimun, egli sposò Muna. Abu el Meilukh scelse, tra tutte le vergini, quella che aveva trovato più attraente.
Tutti rimasero nel palazzo, abbandonandosi alla letizia e a tutti i piaceri possibili, finché la morte mise fine alla loro felice esistenza e sciolse la loro unione. Dio sia misericordioso con loro come con tutti i musulmani! Amen.
E a questa storia che si riferiscono i versi citati in precedenza. L'ho presentata qui, perché testimonia l'efficacia dei cibi e dei rimedi che ho consigliato per aumentare il vigore sessuale, e tutti i sapienti concordano nel riconoscere i loro benefici effetti.
Vi sono anche altre bevande di eccellente virtù. Io descriverò la seguente: prendete una misura di succo di cipolla e mescolatelo a due misure di miele raffinato. Mettete questo miscuglio sul fuoco finché il succo di cipolla è tutto evaporato e rimane solamente il miele. Quindi toglietelo dal fuoco, lasciatelo raffreddare e conservatelo per usarlo quando volete. Allora mescolate una aukia dello stesso con tre auak d'acqua e mettete dei ceci a bagno in questo liquido per un giorno e una notte. La bevanda deve essere bevuta d'inverno e al momento di coricarsi. In piccola quantità, si badi, e una volta sola. Il membro dell'uomo che la beve non gli darà molto riposo quella notte. Se qualcuno poi ne bevesse per molti giorni di seguito, avrebbe continuamente il membro rigido ed eretto, senza una sola pausa. Gli uomini di temperamento ardente non dovrebbero berlo poiché può dar loro la febbre. Né questa medicina dovrebbe essere presa per tre giorni di seguito, se non da uomini vecchi o di temperamento freddo. Infine, non bisogna ricorrervi d'estate.
Certo ho fatto male a scrivere questo libro; Ma tu mi perdonerai, mio Dio, non mi lascerai pregare invano E non mi punirai per questo il giorno del giudizio! E tu, lettore, dammi ascolto quando ti supplico di dire: Così sia!

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