Vignetta di Claudio Cadei
da
“il Fatto Quotidiano” del 29 luglio 2018
Da viale Mazzini
Giorgio Santelli: “Di Maio diceva di volerci
liberare dalla politica, invece ha fatto come gli altri”
“Altro
che rivoluzione, ci vogliono asserviti”
Se si voleva cambiare
bastava un decreto per definire le nuove fonti di nomina Invece vogliono solo normalizzare
l’azienda
GIORGIO SANTELLI *
Caro
direttore, sono un giornalista Rai arrabbiato e amareggiato. Oggi come ieri.
Non è che l’indignazione passi sulla base del politico di turno che mette le
mani su un bene pubblico a seconda che sia più o meno vicino all’appartenenza
culturale di ciascuno.
ERO UN GIORNALISTA indignato
quando dalla Rai cacciarono Biagi, Santoro e Luttazzi.
Ero un
giornalista indignato insieme ad Articolo 21 con Federico Orlando e Sergio Lepri
quando la Rai con la legge Gasparri finiva sempre più sotto il controllo della
politica. Restavo un giornalista indignato quando si tentava con la legge sulle
intercettazioni di togliere agibilità al lavoro dei cronisti. Ero un
giornalista indignato quando la legge di riforma della governante Rai
poneva il servizio pubblico ancor più sotto il controllo del governo nella passata
legislatura. Sono ancora indignato oggi quando un vicepresidente del Consiglio dice
che comincia la rivoluzione in Rai cacciando raccomandati e parassiti,
indicando all’opinione pubblica un mondo da trattare con disprezzo, nel suo
complesso, sparando nel mucchio. Indignato perché indica anche il nome del
presidente della Rai quando, per legge, spetterebbe al nuovo consiglio nominarlo, senza
alcuna indicazione politica.
Sono indignato perché
di fronte a questi attacchi nessun nuovo membro del consiglio di
amministrazione della Rai ha proferito parola, nemmeno quello eletto da noi
dipendenti. E sono indignato perché quelle parole di disprezzo arrivano da chi,
da quando è entrato in Parlamento, dice di voler togliere il peso della
politica dalla Rai. Invece ha utilizzato quella stessa legge per arrivare a nuove
nomine.
NON POTEVA fare come
per il decreto Dignità? Non poteva, per decreto, definire le nuove fonti di
nomina e arrivare a un nuovo Cda che davvero definisse l’inizio di quella
rivoluzione che oggi, invece, non ha altro obiettivo che quello di normalizzare
la Rai asservendola nuovamente ai vincitori del tempo corrente? I dipendenti
della Rai, tutti i dipendenti, non vedono l’ora di poter lavorare in autonomia,
forti della loro indipendenza e professionalità, capaci di lavorare a
produzioni interne senza dovere accettare che si dia sempre più spazio agli
appalti esterni per soddisfare le esigenze della politica. Perché questo è. Poi
parassiti e raccomandati ci sono? Probabilmente sì, come in ogni comunità, come
in ogni azienda. Ma il raccomandato, senza raccomandazione, non esiste in
natura.
E la raccomandazione,
quando arriva, viene per lo più dalla politica.
Se la Rai soffre di
questo male, allora, ancora una volta il problema non sta a viale Mazzini o a
Saxa Rubra ma forse a Palazzo Madama e a Montecitorio. E a quanto pare chi c’è
ora lì, farà come altri hanno fatto in passato. Se il buongiorno si vede dal
mattino, i primi segnali dicono questo. Nomine e casting compresi.
* giornalista Rai
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