Claude Monet - Vase of Poppies
da Il libro dell’inquietudine – Fernando Pessoa
57. INTERVALLO DOLOROSO
Se mi domandate se sono felice, vi risponderei che non lo sono.
58.
È nobile essere timido, illustre non saper agire, grande non avere attitudine alla vita. Soltanto il Tedio, che è separazione e l’Arte che è sdegno, dorano con una somiglianza di contentezza la nostra […]. I fuochi fatui, generati dalla nostra putredine, sono almeno luce nelle nostre tenebre. Solo l’elementare infelicità e il puro tedio delle infelicità permanenti, è araldico come lo sono i discendenti di lontani eroi. Sono un pozzo di gesti che neppure in me si sono del tutto abbozzati: di parole che neppure ho pensato che facessero muovere le mie labbra; di sogni che mi sono dimenticato di sognare fino alla fine. Sono rovine di edifici, che non sono mai stati altro che rovine, che qualcuno si è stancato, in piena costruzione, di pensare che le stesse costruendo. Non ci dimentichiamo di odiare quelli che godono in quanto godono, di disprezzare quelli che sono allegri, perché noi non abbiamo saputo essere allegri come loro… Questo sogno falso, questo odio debole non è che il piedistallo grezzo e insudiciato della terra in cui viene fatto penetrare e sopra il quale, superba e unica, si innalza la statua del nostro Tedio, oscuro volto la cui sembianza un impenetrabile sorriso glorifica vagamente di segreto. Beati coloro che non affidano la propria vita a nessuno.
Se mi domandate se sono felice, vi risponderei che non lo sono.
58.
È nobile essere timido, illustre non saper agire, grande non avere attitudine alla vita. Soltanto il Tedio, che è separazione e l’Arte che è sdegno, dorano con una somiglianza di contentezza la nostra […]. I fuochi fatui, generati dalla nostra putredine, sono almeno luce nelle nostre tenebre. Solo l’elementare infelicità e il puro tedio delle infelicità permanenti, è araldico come lo sono i discendenti di lontani eroi. Sono un pozzo di gesti che neppure in me si sono del tutto abbozzati: di parole che neppure ho pensato che facessero muovere le mie labbra; di sogni che mi sono dimenticato di sognare fino alla fine. Sono rovine di edifici, che non sono mai stati altro che rovine, che qualcuno si è stancato, in piena costruzione, di pensare che le stesse costruendo. Non ci dimentichiamo di odiare quelli che godono in quanto godono, di disprezzare quelli che sono allegri, perché noi non abbiamo saputo essere allegri come loro… Questo sogno falso, questo odio debole non è che il piedistallo grezzo e insudiciato della terra in cui viene fatto penetrare e sopra il quale, superba e unica, si innalza la statua del nostro Tedio, oscuro volto la cui sembianza un impenetrabile sorriso glorifica vagamente di segreto. Beati coloro che non affidano la propria vita a nessuno.
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