14 agosto 2018

da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke

Morgan Library & Museum New York
da “Malte Laurids Brigge” – Rainer Maria Rilke

Bibliothèque Nationale
Sono seduto e leggo un poeta. C’è molta gente nella sala ma non si fa sentire. Sono tutti nei libri. Talvolta si muovono tra i fogli come uomini che dormano e si voltino fra due sogni. Fa bene stare così, fra uomini che leggono. Perché non sono sempre così? Tu puoi avvicinarti a uno di loro e toccarlo leggermente: non ti sente. Se urti appena un vicino, alzandoti, e gli chiedi scusa, egli accenna dalla parte da cui viene la tua voce: volge il viso verso di te e non ti vede, e i suoi capelli sono come i capelli di uno che dorma. E questo fa bene. Io sono seduto e leggo un poeta. Un curioso destino. Ci sono forse trecento persone che leggono nella sala; ma è impossibile che ciascun di loro abbia un poeta. (Dio sa cos’hanno). Non ci sono trecento poeti. E vedi il destino; io, il più miserabile forse fra tutta questa gente, uno straniero: io ho un poeta. Benché sia povero. Benché il vestito che porto tutti i giorni cominci a logorarsi in alcuni punti e ci sia molto da ridire sulle mie scarpe. Certo il colletto della camicia è pulito e la biancheria anche; e potrei come sono, entrare in una buona pasticceria, magari dei boulevards, posare tranquillamente la mano su un vassoio e prendere una pasta. Nessuno troverebbe strano il mio gesto; nessuno mi sgriderebbe o verrebbe a mandarmi via, perché è sempre una mano di buona apparenza, una mano lavata quattro o cinque volte al giorno. Le unghie sono nitide, l’indice non è macchiato d’inchiostro e specialmente i polsi sono immacolati. I poveri non si lavano fin lì, è cosa nota. Dalla bianchezza dei polsi si possono trarre molte deduzioni. E magari si traggono. Soprattutto nei negozi. Ma esistono un paio di creature, sul Boulevard Saint-Michel, per esempio, e in Rue Racine, che non si lasciano ingannare, che si ridono dei miei polsi. Mi vedono e sanno tutto. Sanno che io appartengo a loro, che faccio solo un po’ il commediante. È carnevale del resto. E non vogliono guastarmi il giuoco: fanno appena una smorfia e ammiccano con gli occhi. Nessuno se ne accorge. Per il resto mi trattano come un signore. Basta che ci sia qualcuno nelle vicinanze e mi trattano con deferenza. Fanno come se io avessi una pelliccia e la vettura che mi aspetta. A volte do loro due soldi, e tremo all’idea che potrebbero rifiutarli; ma li prendono sempre. E tutto sarebbe a posto se non facessero ancora una volta una smorfia, e se non ammiccassero un po’.
(…) 

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