dipinto di Patricia Bellerose
da "Il ristorante degli chef innamorati” - Ben Bennet
(…)
Si impose di voltarsi. Tenendo gli occhi chiusi la prese tra le braccia, le carezzò i capelli, la nuca.
«Sei qui…» mormorò.
Come un vento caldo, il profumo del cioccolato aveva invaso la cucina. Jacques aveva l’impressione di essere in trance.
Senza parlare, Elli si strinse a lui.
«Eccomi» sussurrò. E poi: «Mmm! Buono…». L’aroma del dolce piaceva anche a lei.
Pianissimo, come al rallentatore, lui mosse le labbra dal suo orecchio alla sua guancia, e si fermò sulla sua bocca socchiusa.
Un bacio fatto di seta e velluto. Una nuova rivelazione.
«Non andartene, ti prego!» disse Jacques.
«Non me ne vado…»
Non era vero. Il momento era arrivato, lo sapeva.
«Addio, Elli.»
E all’improvviso, con uno strattone violento, lei si divincolò.
Perché? Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Jacques aprì gli occhi.
No… non poteva essere…
Non era Elli.
Era… Catherine, e lo fissava con gli occhi lucidi di lacrime. Delusa, e arrabbiata.
«Catherine! Ti prego, ascoltami…»
«Christian?» lo interruppe lei, senza lasciargli il tempo di spiegare.
Jacques si irrigidì. Cosa diavolo stava succedendo?
«Ma sono io, Jacques!»
«Non sei Christian?»
Lui fece di no con la testa, incapace di parlare.
«Ecco, vedi? E io non sono Elli!» disse lei, la voce ferma. «E il tuo dessert te lo puoi mangiare da solo!»
Un altro movimento brusco, e liberò la mano che Jacques teneva ancora stretta fra le sue.
Oddio, cos’aveva fatto?
Era sicuro, sicurissimo di avere percepito la presenza di Elli. O forse… era stata proprio Elli ad architettare tutto? Era il suo modo per far avvicinare lui e Catherine? Per dar loro la sua benedizione, addirittura? Be’, se era così, aveva ottenuto esattamente il risultato contrario. Pochi istanti prima lui era al settimo cielo, e adesso tutto era irrimediabilmente rovinato.
«Stupido che non sei altro!» gli sbraitò contro. Poi gli voltò le spalle e se ne andò.
(…)
(…)
Si impose di voltarsi. Tenendo gli occhi chiusi la prese tra le braccia, le carezzò i capelli, la nuca.
«Sei qui…» mormorò.
Come un vento caldo, il profumo del cioccolato aveva invaso la cucina. Jacques aveva l’impressione di essere in trance.
Senza parlare, Elli si strinse a lui.
«Eccomi» sussurrò. E poi: «Mmm! Buono…». L’aroma del dolce piaceva anche a lei.
Pianissimo, come al rallentatore, lui mosse le labbra dal suo orecchio alla sua guancia, e si fermò sulla sua bocca socchiusa.
Un bacio fatto di seta e velluto. Una nuova rivelazione.
«Non andartene, ti prego!» disse Jacques.
«Non me ne vado…»
Non era vero. Il momento era arrivato, lo sapeva.
«Addio, Elli.»
E all’improvviso, con uno strattone violento, lei si divincolò.
Perché? Aveva detto qualcosa di sbagliato?
Jacques aprì gli occhi.
No… non poteva essere…
Non era Elli.
Era… Catherine, e lo fissava con gli occhi lucidi di lacrime. Delusa, e arrabbiata.
«Catherine! Ti prego, ascoltami…»
«Christian?» lo interruppe lei, senza lasciargli il tempo di spiegare.
Jacques si irrigidì. Cosa diavolo stava succedendo?
«Ma sono io, Jacques!»
«Non sei Christian?»
Lui fece di no con la testa, incapace di parlare.
«Ecco, vedi? E io non sono Elli!» disse lei, la voce ferma. «E il tuo dessert te lo puoi mangiare da solo!»
Un altro movimento brusco, e liberò la mano che Jacques teneva ancora stretta fra le sue.
Oddio, cos’aveva fatto?
Era sicuro, sicurissimo di avere percepito la presenza di Elli. O forse… era stata proprio Elli ad architettare tutto? Era il suo modo per far avvicinare lui e Catherine? Per dar loro la sua benedizione, addirittura? Be’, se era così, aveva ottenuto esattamente il risultato contrario. Pochi istanti prima lui era al settimo cielo, e adesso tutto era irrimediabilmente rovinato.
«Stupido che non sei altro!» gli sbraitò contro. Poi gli voltò le spalle e se ne andò.
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