dipinto di Kenton Nelson
da “Gli amori difficili”. L'avventura di un lettore, (1958) – Italo Calvino
Con ciò, tutto era finito. Si salutarono, lei tornò al suo posto, lui al suo e si rimise a leggere. Era stato un intermezzo durato il tempo giusto, né più né meno, un rapporto umano non antipatico (la signora era cortese, discreta, docile) appunto perché appena accennato. Ora nel libro ritrovava un'adesione alla realtà molto più piena e concreta, dove tutto aveva un significato, un'importanza, un ritmo. Amedeo si sentiva in una condizione perfetta: la pagina scritta gli apriva la vera vita, profonda e appassionante, e alzando gli occhi ritrovava un casuale ma gradevole accostarsi di colori e sensazioni, un mondo accessorio e decorativo, che non poteva impegnarlo in nulla. La signora abbronzata, dal suo materassino, gli fece un sorriso e un cenno di saluto, lui rispose pure con un sorriso e un vago cenno e riabbassò subito lo sguardo. Ma la signora aveva detto qualcosa.
- Eh?
- Legge, legge sempre?
- Eh...
- È interessante?
- Sì.
- Buon proseguimento!
- Grazie.
Bisognava che non alzasse più gli occhi. Almeno fino alla fine del capitolo. Lo lesse d'un fiato. La signora adesso aveva una sigaretta in bocca e gli faceva cenno indicandola. Amedeo ebbe l'impressione che già da un po' ella stesse cercando d'attirare la sua attenzione. - Come?
- ...Fiammifero, scusi...
- Ah, no, sa, non fumo...
Il capitolo era finito, Amedeo rapidamente lesse le prime righe del seguente, che trovò sorprendentemente invoglianti, ma per attaccare il nuovo capitolo senza preoccupazioni bisognava al più presto sistemare la questione del fiammifero. - Aspetti! - S'alzò, si mise a saltare tra gli scogli, mezzo stordito dal sole, finché non trovò un gruppetto di gente che fumava. Si fece prestare un pacchetto di «minerva», corse dalla signora, le accese la sigaretta, ritornò di corsa a restituire il «minerva», gli dissero: - Tenga, tenga pure -, corse di nuovo dalla signora a lasciarle il «minerva», lei lo ringraziò, lui aspettò un momento prima di salutarla, ma capì che dopo quell'indugio doveva dire qualcosa d'altro e disse:
- Lei non fa il bagno?
- Tra poco, - disse la signora, - e lei?
- Io l'ho già fatto.
- E non si rituffa più?
- Sì, leggo ancora un capitolo e poi faccio un'altra nuotata.
- Anch'io, fumo la sigaretta e mi tuffo.
- Allora, a dopo.
- A dopo.
Con ciò, tutto era finito. Si salutarono, lei tornò al suo posto, lui al suo e si rimise a leggere. Era stato un intermezzo durato il tempo giusto, né più né meno, un rapporto umano non antipatico (la signora era cortese, discreta, docile) appunto perché appena accennato. Ora nel libro ritrovava un'adesione alla realtà molto più piena e concreta, dove tutto aveva un significato, un'importanza, un ritmo. Amedeo si sentiva in una condizione perfetta: la pagina scritta gli apriva la vera vita, profonda e appassionante, e alzando gli occhi ritrovava un casuale ma gradevole accostarsi di colori e sensazioni, un mondo accessorio e decorativo, che non poteva impegnarlo in nulla. La signora abbronzata, dal suo materassino, gli fece un sorriso e un cenno di saluto, lui rispose pure con un sorriso e un vago cenno e riabbassò subito lo sguardo. Ma la signora aveva detto qualcosa.
- Eh?
- Legge, legge sempre?
- Eh...
- È interessante?
- Sì.
- Buon proseguimento!
- Grazie.
Bisognava che non alzasse più gli occhi. Almeno fino alla fine del capitolo. Lo lesse d'un fiato. La signora adesso aveva una sigaretta in bocca e gli faceva cenno indicandola. Amedeo ebbe l'impressione che già da un po' ella stesse cercando d'attirare la sua attenzione. - Come?
- ...Fiammifero, scusi...
- Ah, no, sa, non fumo...
Il capitolo era finito, Amedeo rapidamente lesse le prime righe del seguente, che trovò sorprendentemente invoglianti, ma per attaccare il nuovo capitolo senza preoccupazioni bisognava al più presto sistemare la questione del fiammifero. - Aspetti! - S'alzò, si mise a saltare tra gli scogli, mezzo stordito dal sole, finché non trovò un gruppetto di gente che fumava. Si fece prestare un pacchetto di «minerva», corse dalla signora, le accese la sigaretta, ritornò di corsa a restituire il «minerva», gli dissero: - Tenga, tenga pure -, corse di nuovo dalla signora a lasciarle il «minerva», lei lo ringraziò, lui aspettò un momento prima di salutarla, ma capì che dopo quell'indugio doveva dire qualcosa d'altro e disse:
- Lei non fa il bagno?
- Tra poco, - disse la signora, - e lei?
- Io l'ho già fatto.
- E non si rituffa più?
- Sì, leggo ancora un capitolo e poi faccio un'altra nuotata.
- Anch'io, fumo la sigaretta e mi tuffo.
- Allora, a dopo.
- A dopo.
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