La profezia degli aztechi si era avverata: il loro sacro miscuglio era
diventato il cibo degli dèi, o almeno dei demagoghi aristocratici che
erano come dèi in terra nell’Europa del XVIII secolo. All’epoca di
Madame du Barry l’Europa era divisa in tre classi sociali, ognuna delle
quali si identificava con una particolare mistura. I contadini preferivano
ancora la birra. La classe media, che lavorava duramente, aveva
adottato stimolanti come il tè o il caffè. Gli aristocratici, per i
quali la parola lavoro equivaleva a una bestemmia, optarono per la
cioccolata. “La cioccolata sembra essere uno status symbol dell’ancien
régime” scriveva lo
storico Wolfgang Schivelbush. Tale associazione è sottolineata in numerosi dipinti dell’epoca che raffigurano conti e contesse che oziano a letto con una tazza di cioccolata tra le mani, e che si ritrova in personaggi letterari come Monsignor, il cui meticoloso rituale nella preparazione della cioccolata venne usato da Charles Dickens nel suo Le due città per caratterizzare la crudeltà dell’aristocrazia francese. Per non parlare di Cosimo III, l’ultimo dei Medici, famoso sia per le sue razzie nelle campagne toscane alla ricerca di prelibati bocconcini che soddisfacessero i suoi gusti stravaganti sia per la sua ricetta segreta della cioccolata profumata al gelsomino. La apprezzava particolarmente quando assisteva all’esecuzione degli infedeli messi al rogo. Il collegamento tra la bevanda e il sadismo aristocratico fece nascere l’espressione “cioccolata di Sade” che, spiega la studiosa Barbara Lekatsas, fu creata per celebrare “la cioccolata come un afrodisiaco che simboleggiava il potere: la sacra e sontuosa bevanda dal sapore dolce e amaro, sottratta agli indiani dopo averli massacrati”.
storico Wolfgang Schivelbush. Tale associazione è sottolineata in numerosi dipinti dell’epoca che raffigurano conti e contesse che oziano a letto con una tazza di cioccolata tra le mani, e che si ritrova in personaggi letterari come Monsignor, il cui meticoloso rituale nella preparazione della cioccolata venne usato da Charles Dickens nel suo Le due città per caratterizzare la crudeltà dell’aristocrazia francese. Per non parlare di Cosimo III, l’ultimo dei Medici, famoso sia per le sue razzie nelle campagne toscane alla ricerca di prelibati bocconcini che soddisfacessero i suoi gusti stravaganti sia per la sua ricetta segreta della cioccolata profumata al gelsomino. La apprezzava particolarmente quando assisteva all’esecuzione degli infedeli messi al rogo. Il collegamento tra la bevanda e il sadismo aristocratico fece nascere l’espressione “cioccolata di Sade” che, spiega la studiosa Barbara Lekatsas, fu creata per celebrare “la cioccolata come un afrodisiaco che simboleggiava il potere: la sacra e sontuosa bevanda dal sapore dolce e amaro, sottratta agli indiani dopo averli massacrati”.
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