Andrey Remnev portrait of mother and daughters
da “Un filo d’olio” - Simonetta Agnello Hornby
A quel punto Giuliana ci aveva portate da mamma, con ancora indosso i grembiulini non finiti, per raccontarle l’accaduto per filo e per segno. Le grida naturalmente erano giunte in salotto - dove si aspettava il ritorno a casa di papà, ancora all’oscuro dell’arrivo dei cugini - e mamma le aveva sentite benissimo, ma le aveva soavemente ignorate mentre gli ospiti allungavano le orecchie e si guardavano perplessi; quando Giuliana ebbe finito il suo accorato resoconto inframmezzato di «ma vedi un po’» e «oddio, che sento» e zio Marco, un omone scuro dalla voce profonda che aveva la fama di essere medium, si offrì di andare a controllare cosa stava succedendo, mamma non potè più fare finta di niente: si alzò e in cucina ci andò lei, da sola. Ma nemmeno il suo arrivo riuscì a placare le due contendenti e così, come ultima ratio, mamma mandò a chiamare Rosalìa, la moglie del portiere.
A quel punto Giuliana ci aveva portate da mamma, con ancora indosso i grembiulini non finiti, per raccontarle l’accaduto per filo e per segno. Le grida naturalmente erano giunte in salotto - dove si aspettava il ritorno a casa di papà, ancora all’oscuro dell’arrivo dei cugini - e mamma le aveva sentite benissimo, ma le aveva soavemente ignorate mentre gli ospiti allungavano le orecchie e si guardavano perplessi; quando Giuliana ebbe finito il suo accorato resoconto inframmezzato di «ma vedi un po’» e «oddio, che sento» e zio Marco, un omone scuro dalla voce profonda che aveva la fama di essere medium, si offrì di andare a controllare cosa stava succedendo, mamma non potè più fare finta di niente: si alzò e in cucina ci andò lei, da sola. Ma nemmeno il suo arrivo riuscì a placare le due contendenti e così, come ultima ratio, mamma mandò a chiamare Rosalìa, la moglie del portiere.
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