I
veri atti del governo da 26 a 27 luglio, sono questi: un nuovo proclama di
Badoglio che introduce praticamente lo stato d’assedio rammentando che ogni
assembramento è vietato mentre nelle varie province le autorità militari
dispongono l’applicazione dei piani OP; lo scioglimento – deciso dalla prima
riunione del Consiglio dei Ministri – del Partito nazionale fascista, l’abrogazione
della legge del Gran Consiglio e la soppressione del Tribunale speciale
(sostituito, in verità, dai tribunali militari). Più dei proclami e dei decreti
contano, però, le disposizioni “interne” della polizia e degli organi di
governo che, tutte, vanno nel senso di un immediato giro di vite, di un blocco
rigido frapposto a ogni libera espressione dell’opinione pubblica e delle
masse. Il nuovo ministro dell’Interno, il 27 luglio, invia ai prefetti questo
dispaccio telegrafico:
È
necessario agire massima energia perché attuale agitazione nono degeneri in
movimento comunista o sovversivo. Occorre far rispettare tutti i costi
ordinanze autorità militari che vietano assembramenti, impedire assalti a
cittadini et abitazioni et manifestazioni sovversive in genere, anche se si
debba ricorrere uso armi. Occorre anche sequestrare subito giornali che
eccitino comunque spirito pubblico. Impiegare tutta l’energia per il bene della
patria.
Già
sin dalla sera del 26 luglio si avverte che l’unico settore del fronte interno
nel quale l’agitazione perduri è quello operaio. Ne sentiremo tutta la vivacità
e tutto il dramma. Ma prima di addentrarci in questo esame va tenuto presente
che, in linea generale, mantenere l’ordine pubblico non appare un compito particolarmente
difficile su scala nazionale. L’esplosione di gioia del 25-26 luglio ha già
manifestato i suoi limiti. A definirli rigorosamente ci occorre ancora una
volta la riflessione di Giaime Pintor:
Il
nuovo governo non ebbe difficoltà a imporre la sua linea: già la sera del 26
luglio lo stato d’assedio e severissime disposizioni d’ordine interno pubblico
vietavano ogni inopportuna manifestazione di dissenso. Così, il rivolgimento si
fermava a mezza strada: il fascismo era caduto, ma restava in piedi la
struttura burocratico-militare, continuava l’alleanza con la Germania e
continuava la guerra che nulla poteva ormai giustificare. Evidentemente, se le
masse italiane avessero avuta una effettiva maturità politica, se i partiti
antifascisti, avessero potuto contare su di una base larga e disciplinata, nessuna
misura repressiva sarebbe bastata a imporre la continuazione della guerra, e al
colpo di stato sarebbe seguita la rivoluzione antifascista e antitedesca. Ma
questo non era: le masse, dopo la prima ubriacatura, tornarono a una condizione
di passività, e i partiti, ancora privi dei loro quadri migliori e sorpresi dal
passaggio dalla fase clandestina a quella legale, non ebbero la forza di
padroneggiare la situazione. D’altra parte, Badoglio dalla sua un argomento a
cui non si poteva controbattere: quello della sicurezza militare.
Tra
i vari aspetti del fenomeno sintetizzato da Pintor, forse il più evidente e il
più importante è la censura della stampa che non è semplice controllo ma
direttiva, via via più rigida, per orientare
le direzioni di quotidiani e periodici, per metterle al passo.
Nessun commento:
Posta un commento