Agostino Arrivabene - I sette giorni di Orfeo, 1996
Elegia sulla morte di Orfeo - FonocleChiara prole d'Eagro, il Trace Orfeo
A Calai, di Borea il figliolo.
Ei spesso in selve di folt'ombra, e solo
Sedea cantando del suo amor l'obbietto,
Nè sapea trovar posa al vivo duolo;
Che le vigili cure il mesto petto
Rodean sempre, mentr'ei stava ammirando
La florida beltà del giovinetto;
Ma l'empie donne di Bistonia in bando
Lo cacciaron dalla vita, armate il rio
Braccio di lungo ed affilato brando;
Però che dei garzoni egli il desio
Primiero infuse alle Treicie sponde,
E i femminili amor spinse ad obblio:
Per ciò sol le Baccanti furibonde
Il bel capo fer tronco, e dell'estreme
Rive lo dier del Tracio mar all'onde,
Su la cetra infisso, acciò che insieme
N'andassero amendue dalla marea
Travolti, e dall'azzurra onda che freme.
Ma l'onda spumeggiante alla Lesbèa
Sacra isola gli addusse, e un suono arguto,
Come di lira,tutto il mar empiea,
E l'isole e le ripe dal canuto
Flutto asperse, la 've gli uomini di amara
Pompa al teschio vocale offrir tributo;
Quindi all'avello imposero la chiara
Lira, che pietate a muta pietra
Spirar seppe, e di Forco all'onda avara.
Da quel di canti e maestria di cetra
L'isola ornar, che per canore voci,
E per suoni or su tutte il vanto impetra;
Ma poiché delle donne i fatti atroci
Fur conti ai Traci bellicosi, e sedegno
Grave punse ed affanno i cor feroci,
Alle lor mogli un affocato segno
Impresser, si che traccia oscura e viva
Restasse in lor dell'omicidio indegno.
Ed oggi ancor, per vendicar la diva
Anima, un segno in sulle membra inciso
Marchia le donne della Tracia riva,
Indizio e pena del gran vate ucciso.
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