dipinto di Tjalf Sparnaay
da "La cucina del buon gusto" - Simonetta Agnello Hornby e Maria Rosario Lazzati
Gli ottoni e i legni di Così fan tutte incalzavano; alzai la testa e guardai lontano, come se fossi a teatro. Un fascio di sole penetrava nell’angusto passaggio tra i palazzi vittoriani e colpiva i disegni dei nipotini attaccati con i post-it sulle ante dell’armadio dei bicchieri; la lama del coltello cadeva sul cetriolo sbucciato, seguendo il tempo di La mia Dorabellacapace non è… Preparare i sandwich con il cetriolo è una sfida da cui non mi tiro indietro, pur sapendo che il successo è improbabile. Ci vuole un tocco squisitamente britannico per preparare un tramezzino al cetriolo, accompagnamento de rigueur del tè pomeridiano e suo perfetto complemento. Ce la mettevo tutta: si festeggiava il primo compleanno di Oliver, il nipotino più piccolo, e quel pomeriggio avrei offerto il tè alla famiglia Hornby allargata – consuoceri, seconde mogli, compagni, zii e padrini del festeggiato. Sul tagliere di legno, spalmate di uno strato uniforme di burro – l’avevo tirato fuori dal frigorifero la sera prima –, le fette di pane a cassetta bianco e di farina “forte” aspettavano pazienti: disporvi sopra le ruote di cetriolo, una sull’altra, era un lavoro delicato e non adatto alle mie dita frettolose, appena ne completavo una tiravo un sospiro di sollievo.
Poi, un pizzico di sale, una spolverata di pepe bianco e coprivo con un’altra fetta di pane imburrato. L’ultima operazione era la più difficile: premendo appena il palmo della mano sul sandwich, con un coltello a lama larga dovevo staccare la crosta dai quattro lati e poi dividere il quadrato in quattro triangoli identici, senza fare scivolare fuori il cetriolo. Era vitale che ciascun triangolo fosse tenuto insieme dal ripieno e non dalla pressione delle mani, e che non si spappolasse al primo tocco: un tramezzino schiacciato si trasforma in una poltiglia immangiabile – lo sapevo bene, mi era capitato tante volte.
Nessun commento:
Posta un commento