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E non ho mai voluto - Tedi Lopez Mills (JOSEPH BRODSKY)
Non conosco le paludi baltiche
né il metallo rotto dal freddo del nord
né la demenza della brina sopra il vetro notturno.
Mi è estranea la moltitudine tartara sottomessa come pascolo debole
la campagna del vento sulle scogliere grige
che ho intravisto solo sui moli tropicali
non era gelata ma ardente con la sua frustata di sabbia.
Non c’è stata neve afferrata alla mia penna,
né esilio del corpo in ogni parte eccetto il suo sogno,
e a stento immagino le rime preponderanti
- mi dicono - del russo nella guerra delle tue labbra
contro il falso sillabare e l’eco inesatto
di un altro idioma impostato.
Però le manie del ricordo sono le stesse,
anche se in questo clima temperato
non ci sono stagioni che le mettano in ordine,
e il peso della pioggia
che incurva la città con un fiume fittizio.
La memoria costruisce con regole basiche:
nell’infanzia, un muro, una strada, una stanza,
e la luce che era sempre da fuori o da dentro
smorta o pulita, silenziosa o imposta dal rumore
come un castigo ulteriore che si doveva concordare.
Pochi dubbi riguardo la pietra,
appena una coscienza della sua tessitura
e la somiglianza remota con una voce autoritaria
che cadeva dall’alto con la stessa durezza,
e un taglio nel tempo
la prima volta che il viso e la pietra
scolpirono il profilo di una statua.
Poi l’esperienza, questa vaga musa,
cominciò a generare i suoi monumenti,
il rito della cronologia e una storia
tra gli oggetti più ordinari
e l’ombra percettibile di un soliloquio
nostro, suo, come l’imitazione
narrativa che perseguitava le tribù
senza oasi da un deserto all’altro,
da un arbusto in fiamme a un pozzo sterile
finché fu data
un’origine divina alla loro persistenza.
L’intimità è un istinto,
anche se sembra coltivata dalla stravaganza,
un riflesso come la mano che copre gli occhi
quando lo splendore ferisce la routine di una visione.
Lo dicesti: “non ho mai voluto”
né svegliarmi, né muovermi,
né dimenticare i gesti di un vivo ormai morto
nell’istante in cui li ripeto.
E ora cerco il tuo epitaffio:
però nessuna ironia smentisce
la profondità della fossa,
nessun simulacro rinasce dalle ceneri.
Devi giacere, allora.
Traduzione: Emanuela Jossa
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