FAVOLE
DI LIBERTÀ di Antonio Gramsci
TRADUZIONI DALLE
FIABE DEI FRATELLI GRIMM
I quattro musicanti di Brema
Un uomo aveva un
asino che per lunghi anni aveva portato senza stancarsi i sacchi al mulino; ma
le forze gli vennero meno e diventava sempre più inetto al lavoro. Il padrone
pensò di utilizzarne la pelle, ma l'asino capì che non soffiava buon vento,
scappò via e prese la strada verso Brema: là,pensava, avrebbe potuto suonare
nella banda cittadina.
Aveva fatto un tratto
di strada, quando vide un cane da caccia sdraiato sulla strada, che ansimava come
se avesse corso troppo.
«Perché ti lamenti
così, Denti lunghi?», domandò l'asino.
«Ahimè - disse il
cane, - perché sono vecchio e divento ogni giorno più debole e anche alla caccia
non posso più correre; il mio padrone mi voleva ammazzare, ho dovuto battere le
calcagna: ma ora come potrò guadagnarmi il pane?».
«Sai che cosa devi
fare? - disse l'asino. - Io vado a Brema e diventerò musicante nella banda cittadina;
vieni con me e fatti accettare anche tu. Io suonerò il liuto e tu la batteria e
il tamburo».
Il cane fu contento e
i due continuarono insieme la strada.
Non molto lontano,
trovarono un gatto seduto sull'orlo della strada; era irsuto come dopo tre giorni
di pioggia.
«Orsù, che cosa ti è
andato di traverso, vecchio barbiere?», disse l'asino.
«Chi può essere
allegro quando lo si vuole strozzare? - rispose il gatto. - Poiché sono
vecchio, i miei denti si sono spuntati e sto dietro la stufa a far le fusa
invece di dar la caccia ai topi. La mia padrona mi voleva annegare; è vero che
sono riuscito a scappare, ma ora sono in un bell'imbroglio: dove posso
andare?».
«Vieni con noi a
Brema; tu te ne intendi di serenate e puoi diventare un musicante nella banda
cittadina».
Il gatto trovò buona
la proposta e andò con loro.
Poco dopo i tre
viandanti passarono vicino a un cortile sulla cui porta era appollaiato un
gallo che strillava con tutte le forze del corpo.
«Strilli da
trafiggere il cuore - disse l'asino. - Quale pena ti affligge?».
«Devo annunciare il
bel tempo - disse il gallo - perché è l'onomastico della nostra padrona; ella ha
lavato la camicina del bambino Gesù e vuole farla asciugare; ma poiché domani,
domenica, vengono degli ospiti, la padrona di casa, senza pietà, ha detto alla
cuoca che mi vuol mangiare a lesso e così stasera mi dovrò lasciar tagliare la
testa. Perciò grido a squarciagola, fino a quando lo posso ancora».
«Ahitè, povera testa
rossa - disse l'asino, - vieni piuttosto con noi. Noi andiamo a Brema e tu troverai
qualcosa di meglio della morte: hai una bella voce, e quando faremo della
musica insieme, avremo una professione rispettabile».
La proposta piacque
al gallo e tutti e quattro insieme ripresero la strada.
Ma non poterono
raggiungere in giornata la città di Brema e la sera entrarono in una foresta dove
decisero di pernottare.
L'asino e il cane si
sdraiarono sotto un grande albero, il gatto e il gallo si posarono sui rami; il
gallo poi volò fin sulla cima dove si trovava più al sicuro.
Prima di
addormentarsi, guardò ancora in tutte le direzioni e vide in lontananza
splendere un lumicino; gridò ai suoi colleghi che non lontano doveva esserci
una casa perché si vedeva una luce.
L'asino disse:
«Dobbiamo alzarci e andare avanti, perché in questo albergo si sta molto male».
Il cane pensò che un
paio di ossa con un po' di carne attaccata gli avrebbero giovato assai. E così
si rimisero in cammino nella direzione della luce; la videro brillare e
divenire sempre più grande, finché giunsero a una casa di briganti tutta
illuminata.
L'asino, che era il
più alto, si avvicinò alla finestra e dette una sbirciatina dentro. «Che cosa vedi
Grigione?», domandò il gallo. «Cosa vedo? - rispose l'asino. - Una tavola
imbandita con bellissime cose da mangiare e da bere e i briganti che siedono
intorno e banchettano».
«Sarebbe proprio quel
che fa per noi», disse il gallo. «Sì, sì, potessimo esserci noi!», disse l'asino.
Le bestie si
accordarono e finalmente trovarono un modo per cacciar via i briganti.
L'asino posò le zampe
anteriori sulla finestra, il cane salì sulle spalle dell'asino, il gatto si
arrampicò sul cane e finalmente il gallo volò in alto e si posò sulla testa del
gatto. Appena fatto ciò, cominciarono tutti insieme, ad un segnale, ad eseguire
il loro concerto: l'asino ragliò fragorosamente, il cane abbaiò, il gatto
miagolò e il gallo lanciò i suoi potenti chicchirichì; quindi si precipitarono nella
stanza attraverso la finestra, facendo tintinnare i vetri.
I briganti
trasalirono all'orrendo fracasso; non pensarono ad altro se non che un fantasma
era entrato dentro e fuggirono spaventatissimi nella foresta. Allora i quattro
amici si sedettero a tavola, si accontentarono di ciò che era rimasto e
mangiarono tanto come se fossero digiuni da quattro settimane.
Quando i quattro
suonatori ebbero finito, spensero il lume e cercarono un luogo per dormire, ognuno
secondo la propria natura.
L'asino si sdraiò
sullo strame, il cane dietro la porta, il gatto sul focolare vicino alla cenere
calda e il gallo sulla trave maestra. E si addormentarono subito perché erano
stanchi del lungo viaggio.
Quando scoccò la
mezzanotte e i briganti videro da lontano che in casa non c'era più il lume acceso
e tutto sembrava tranquillo, il capitano disse: «Non permetteremo più che ci si
cacci di casa, per il corno di un caprone!», e mandò avanti uno per esplorare
la casa.
L'inviato trovò tutto
tranquillo, andò in cucina per accendere un lume e poiché gli occhi scintillanti
come carboni accesi del gatto gli sembravano veramente carboni accesi, vi
avvicinò uno zolfanello perché prendesse fuoco. Ma il gatto non capì lo scherzo
e gli saltò sulla faccia soffiando e graffiando. Egli si spaventò terribilmente
e volle uscire dalla porta di dietro, ma il cane che giaceva lì lo morse alla
gamba; e mentre il brigante, attraverso il cortile, correva vicino alla
concimaia, l'asino gli vibrò un vigoroso calcio con la zampa posteriore.
Intanto il gallo, che
dal rumore era stato distolto dal sonno e si era destato, dalla trave cacciò un
potente chicchirichì.
Il brigante corse
come meglio poté dal suo capo e disse: «Ahimè, nella casa si è stabilita una orrenda
strega, che mi ha soffiato in faccia e con le sue lunghe dita mi ha graffiato;
dinanzi alla porta stava un uomo con un coltello che mi ha pugnalato la gamba e
nel cortile era sdraiato un mostro nero che mi ha bastonato con un mazza, e
sopra il tetto c'era il giudice che gridava: - Consegnatemi quel briccone! -.
Sono riuscito a stento a scappare».
Da allora i briganti
non osarono più avvicinarsi alla casa, mentre i quattro musicanti di Brema vi
si trovarono così bene che non vollero più lasciarla.
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