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Memorie autarchiche - Mauro Macario Le gonne larghe ai balconi
e il naso all’insù
adolescente esaltato
alla nera eclisse
che svanendo mi accecava
d’intravisti biancori
piccole vele rigonfie
sospinte da impulsi contratti
in quel cielo di sotto
che non ha Trinità
perché l’occhio di un terzo
è sempre indiscreto
a lungo inspiravo
un sentore immaginato
di pitosforo marino
e alga salata
fin quando mi veniva sete
alle mani sudate
cucciolo brado in terra di Onan
brucavo gli aspri germogli
di arborescenze corporee
spogliate in collina
fibrillando allo spasimo
su dossi implumi
a improvvisa discesa
infossata
roteare in dispnea
sollevato dal suolo
risucchiato nelle forme
da allora adorando
la Sindone dello spacco
umido al centro
apparso ai miei occhi
come buona novella
da portare nel mondo
perché tutti i sensi
e anche i controsensi
confluissero là
in continua rinascita
muschiosa
dove le labbra s’incontrano
entrambe dischiuse
alla conoscenza del lambire
suggendo premute
l’argine naturale
alla morte dell’essere
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