FAVOLE
DI LIBERTÀ di Antonio Gramsci
TRADUZIONI DALLE
FIABE DEI FRATELLI GRIMM
Mignolino
C'era una volta un
contadino che una sera sedeva vicino al focolare e attizzava il fuoco mentre la
moglie accanto a lui filava. Disse il contadino: «Come è triste non avere
bambini! È così tranquilla la nostra casa, mentre nelle altre case si grida e
c'è allegria!».
«Sì - rispose la
moglie, e sospirò, - avessi anche un solo bambino e fosse anche piccolo come il
dito mignolo, come sarei contenta; lo ameremmo di tutto cuore».
Ora avvenne che la
moglie si ammalò e dopo sette mesi ebbe un figlio, che in tutte le membra era
perfettissimo, ma non era più alto del dito mignolo. Allora dissero:
«È proprio come lo
abbiamo desiderato, e sarà il nostro caro bambino».
E per la sua statura
gli dettero il nome di Mignolino.
I genitori non gli
lasciarono mai mancare il cibo, ma il bambino non diventò più grande: rimase sempre
come era stato alla nascita; però aveva gli occhietti intelligenti e presto si
mostrò una cosettina furba e agile.
Il contadino un
giorno si preparava a recarsi nella foresta per tagliare legna dicendo fra sé: «Se
ci fosse uno che più tardi mi raggiungesse col carro!».
«Oh, papà - gridò
Mignolino, - il carro te lo porterò io, sta' tranquillo; giungerà nella foresta
al tempo giusto».
L'uomo rise e disse:
«Come sarebbe possibile? Tu sei troppo piccolo per guidare il cavallo con la
briglia».
«Non fa nulla papà,
purché la mamma attacchi il cavallo; io mi siederò sul suo orecchio e gli griderò
dove deve andare».
«Ebbene - rispose il
padre, - per una volta proviamo».
Quando giunse l'ora,
la mamma attaccò il carro e pose Mignolino a sedere sull'orecchio del cavallo;
il piccolo gridava affinché la bestia andasse per la sua strada: «Iup, arri su,
su!».
Tutto andò benissimo,
come con un buon cocchiere, e il carro seguì diritto la strada verso la foresta.
Accadde che, mentre ad una curva il piccolo gridava «arri, arri», due
forestieri passassero di là.
«Perbacco - disse
uno, - che cos'è questo? Passa un carro, un carrettiere grida al cavallo e non
si vede nessuno!».
«Non mi pare una cosa
naturale - disse l'altro, - seguiamo il carro e vediamo dove si ferma».
Intanto il carro
avanzava in piena foresta e andava dritto al punto dove si tagliava la legna. Appena
Mignolino vide suo padre gli gridò: «Vedi, babbo, che sono arrivato col carro?
Adesso mettimi a terra».
Il padre prese il
cavallo con la sinistra e con la destra tolse dall'orecchio il suo figliolino
che, tutto allegro, si sedette su uno stelo di paglia.
Quando i due
forestieri videro Mignolino non seppero cosa dire per lo stupore. Uno prese a parte
l'altro e disse: «Senti, l'omino può fare la nostra fortuna, se noi lo faremo
vedere a pagamento in una grande città: compriamolo!». Andarono dal contadino e
gli dissero: «Vendeteci l'omino; con noi starà bene».
«No - rispose il
padre, - è il mio prediletto, e non lo vendo per tutto l'oro del mondo».
Ma Mignolino, quando
sentì dell'affare, si arrampicò sulle pieghe dell'abito del padre, sedette sulla
sua spalla e gli bisbigliò all'orecchio: «Babbo, vendimi pure; io tornerò lo
stesso a casa».
Così il padre lo
cedette per una bella moneta d'oro ai due forestieri. «Dove vuoi metterti?», gli
dissero questi. «Per piacere, mettetemi sulla falda del vostro cappello, così
potrò passeggiare su e giù e guardare il paesaggio; e non cadrò giù, state
certi».
Fecero come voleva e
dopo che Mignolino ebbe preso congedo da suo padre, partirono. Camminarono fino
al crepuscolo, e il piccolo disse: «Mettetemi a terra, ho un bisogno».
«Rimani pure lassù -
disse il forestiero sul cui cappello egli stava, - non mi arrabbierò; anche gli
uccelli qualche volta mi fanno cadere qualcosa addosso».
«No - disse
Mignolino, - io so cos'è la decenza; mettetemi subito a terra».
Il forestiero si
tolse il cappello e depose il piccolo su un campo lungo la strada; questi
scappò di corsa e strisciò un poco tra le zolle qua e là, poi all'improvviso
guizzò in una tana di topi.
«Buona sera miei
signori, andate pure a casa senza di me», gridò loro prendendoli in giro.
I due corsero da
quella parte e col bastone frugarono nella tana, ma fu fatica sprecata;
Mignolino strisciava sempre più in fondo e così quelli, stizziti e con la borsa
alleggerita, dovettero tornarsene a casa.
Quando Mignolino capì
che si erano allontanati, strisciò fuori dal corridoio sotterraneo. «È così
pericoloso andare al buio per i campi - disse, - uno si può rompere il collo o
una gamba!».
Per fortuna urtò in
un guscio vuoto di lumaca. «Grazie al cielo - disse - posso passare la notte al
sicuro qui dentro», e vi si accomodò.
Quando stava per
addormentarsi, sentì che due uomini gli passarono vicino, e uno diceva: «Come
possiamo fare per portar via al ricco parroco il suo oro e il suo argento?».
«Ve lo posso dire
io», lo interruppe Mignolino.
«Chi c'è là - disse
uno dei ladri spaventato, - ho sentito qualcuno che parlava». E si fermarono poiché
Mignolino aveva ripreso a dire: «Portatemi con voi, e vi aiuterò».
«Ma tu dove sei?».
«Cercate per terra e
fate attenzione da dove viene la voce», rispose. I ladri lo trovarono
finalmente e lo sollevarono. «O bricconcello, come ci puoi aiutare?», dissero.
«È semplice -
rispose, - io scivolo tra le sbarre di ferro nella stanza del parroco e vi
porgo fuori quel che volete avere».
«Benissimo - dissero
i ladri, - vediamo ciò che puoi fare».
Appena giunsero alla
casa del parroco, Mignolino scivolò nella stanza, ma si mise a gridare con
tutte le forze che aveva in corpo: «Volete tutto quello che c'è?».
I ladri si
spaventarono e dissero: «Parla piano, ché sveglierai qualcuno».
Ma Mignolino finse di
non capire e gridò nuovamente: «Che cosa volete? Volete tutto quello che c'è?».
La cuoca, che dormiva
nella stanza vicina, udì, si rizzò nel letto e ascoltò. Ma i ladri per lo spavento
erano corsi indietro per un tratto di strada; finalmente ripresero coraggio e
pensarono: «Il bricconcello si vuol far beffe di noi». Ritornarono indietro e
gli sussurrarono: «Fa' dunque sul serio e porgici qualcosa». Mignolino gridò
ancora più forte: «Vi darò tutto, allungate le mani».
La domestica che
ascoltava sentì chiaramente queste parole, saltò dal letto e inciampò nella porta.
I ladri scapparono di corsa come se fossero inseguiti da un cacciatore feroce;
la domestica, intanto, non avendo potuto vedere nulla, andò ad accendere un
lume.
Mentre ella si
avvicinava, Mignolino, senza esser visto, se ne andò nel fienile. La domestica,
dopo aver cercato in tutti gli angoli e non aver trovato nulla, finalmente si
rimise a letto persuasa di aver solo sognato a occhi e orecchie aperti.
Mignolino intanto era
scivolato tra gli steli di fieno e aveva trovato un bellissimo posto per dormire;
voleva riposare fino al mattino e poi ritornare a casa dai suoi genitori. Ma
doveva passare per ben altre avventure!
Appena spuntò il
giorno, la domestica si levò dal letto per dare da mangiare alle bestie. Per prima
cosa si diresse verso il fienile, dove prese una bracciata di fieno, proprio di
quello dove giaceva il povero Mignolino; che dormiva così profondamente che non
si accorse di nulla e si svegliò solo quando era già nella bocca della vacca
che l'aveva ingoiato insieme al fieno.
«Perbacco - gridò, -
sono capitato in una gualchiera!».
Ma subito capì dove
si trovava. Fece attenzione di non capitare fra i denti ed essere stritolato e
quindi scivolò col fieno nello stomaco.
Nella stanzetta hanno
dimenticato la finestra - disse - e non vi entra il sole; e neanche c'è un lume».
Insomma, l'appartamento non gli piaceva per nulla, e ciò che era peggio è che
dalla porta entrava sempre altro fieno masticato e il posto diventava sempre
più stretto. Infine, preso dall'angoscia, si mise a gridare con la voce più
alta possibile: «Non datemi più altro fieno, non datemi più altro fieno».
La domestica stava
mungendo la mucca; quando sentì parlare senza veder nessuno, e si accorse che
era la stessa voce che aveva sentito nella notte, si spaventò tanto che cadde
dallo sgabello e rovesciò il latte. In gran fretta corse dal padrone e gridò:
«Dio mio, signor parroco, la mucca ha parlato».
«Tu sei matta»,
rispose il parroco, tuttavia andò egli stesso nella stalla a vedere che cosa succedeva.
Vi aveva appena messo piede che Mignolino riprese a gridare: «Non datemi altro
fieno, non datemi altro fieno».
Anche il parroco si
spaventò; pensò che uno spirito folletto possedesse la mucca e ordinò di ucciderla.
Essa fu macellata e lo stomaco, dove era finito Mignolino, fu buttato nella
concimaia.
Mignolino durò una
grande fatica per farsi largo perché era andato molto in fondo per trovar posto,
ma proprio quando stava sporgendo fuori la testa, capitò una nuova disgrazia.
Era accorso un lupo
affamato che inghiottì in un sol boccone l'intero stomaco della mucca.
Mignolino non si
perdette di coraggio. «Forse - pensò - il lupo permetterà che gli parli», e dalla
pancia gli gridò: «Caro lupo, conosco una magnifica ghiottoneria per te».
«Dove si può andare a
prenderla?», disse il lupo.
«In una casa così e
così; tu puoi entrare dall'acquaio e troverai focacce, lardo, salsicce tante quante
potrai mangiarne», e gli descrisse esattamente la casa del padre.
Il lupo non se lo
fece dire due volte: nella notte si introdusse attraverso l'acquaio e mangiò nella
dispensa a piacimento. Quando si fu rimpinzato, volle uscire, ma era diventato
così gonfio che non poteva più passare per la stessa via.
Mignolino aveva
calcolato proprio su questo e allora cominciò a fare un fracasso spaventoso nella
pancia del lupo; gridava e imperversava per quanto poteva.
«Vuoi star zitto -
disse il lupo, - sveglierai la gente!».
«Ebbene - rispose il
piccolo - tu hai mangiato a sazietà e anch'io voglio rallegrarmi», e ricominciò
a gridare con tutte le sue forze.
Così finalmente si
svegliarono suo padre e sua madre che corsero a guardare da una fessura della
porta. Come videro che vi era un lupo, scapparono via; l'uomo prese la scure e
la donna la falce.
«Rimani là dietro -
disse l'uomo entrando nella stanza, - se io gli darò un colpo e non sarà ancora
morto, allora tu lo colpirai e lo farai a pezzi».
Mignolino udì la voce
del padre e gridò: «Caro babbo, sono qui, sono nella pancia del lupo».
Pieno di gioia il
padre disse: «Dio sia lodato, abbiamo ritrovato il nostro caro figlio», e
ordinò alla moglie di portar via la falce per non far del male a Mignolino.
Prese quindi lo slancio, e dette un tale colpo sulla testa del lupo, che questi
cadde stecchito. Presero quindi il coltello e le forbici, gli squarciarono la
pancia e ne cavarono il piccolo.
«Ah, - disse il
padre, - quanti dispiaceri abbiamo passato per te!».
«Sì, padre, ho molto
girato per il mondo; grazie a Dio posso di nuovo respirare l'aria fresca!».
«Dove sei stato?».
«Oh, padre, sono
stato in una tana di topi, nella pancia di una vacca e nel ventre di un lupo; adesso
rimarrò con voi».
«E non ti venderemo
più per tutte le ricchezze del mondo», dissero i genitori, stringendosi al cuore
e baciando il loro caro Mignolino.
Gli dettero da
mangiare e da bere e gli fecero fare dei nuovi vestiti, perché quelli che aveva
si erano ridotti male durante il viaggio.
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