(…)
Il
temporale aveva messo fine alla festa in piscina. C’era troppa gente perché si
potesse pensare di ammucchiarsi tutti dentro casa, e gli ospiti con bambini
avevano preferito andare via.
Durante
il tragitto di ritorno in macchina, sia Mike sia io avevamo notato una
sensazione di bruciore, un prurito acuto e diffuso sugli avambracci, sul dorso
delle mani e intorno alle caviglie. Tutte le parti del corpo che non erano
state protette dai vestiti, quando ci eravamo accucciati nell’erba. M ricordai
delle ortiche.
Seduti
nella cucina di campagna di Sunny, ormai in abiti asciutti, raccontammo la
nostra avventura e mostrammo lo sfogo
sulla pelle.
Sunny
sapeva che cosa fare per noi. La corsa del giorno prima con Claire al pronto
soccorso dell’ospedale locale non era certo stata la prima. In un precedente
fine settimana i ragazzi si erano incamminati in un prato incolto dal fondo
fangoso alle spalle del granaio ed erano rientrati coperti di chiazze e di
bolle. Il dottore disse che dovevano essere finiti in mezzo alle ortiche. ce
dovevano essercisi rotolati dentro, così disse. Ordinò impacchi freddi, un
antistaminico e delle pastiglie. Era avanzata un po’ di lozione antistaminica,
e anche qualche pastiglia, perché Mark e Gregory si erano ripresi in fretta.
Rifiutammo
le pillole: il nostro caso non pareva abbastanza grave.
Sunny
disse che aveva parlato con la signora sulla statale, quella che le faceva il
pieno dell’auto, e la donna le aveva detto che esisteva una pianta dalle cui
foglie si ricavava il miglior cataplasma contro il prurito da ortiche. non c’è
bisogno di pillole o altri pasticci, aveva detto. La pianta aveva un nome tipo
piede di vitello. Piede di qualcosa. la donna le aveva detto che si poteva
trovare su una certa strada, nei pressi di un ponte.
Sunny
era pronta a cercarla. Le piaceva l’idea di un rimedio popolare. Dovemmo farle
notare che l’antistaminico era già in casa, pagato.
Le
piaceva curarci. Anzi, il nostro stato di salute mise di buonumore l’intera
famiglia, stanando i membri dalla depressione prodotta dalla giornata di
pioggia e dai programmi saltati. Il fatto che avessimo deciso di andarcene per
conto nostro e che avessimo avuto quell’avventura – un’esperienza che aveva
lasciato i segni sul nostro corpo – pareva aver risvegliato in Sunny e Johnston
la voglia scherzare. Occhiate buffe da parte di lui, un’allegra solerzia da
parte di lei. Se fossimo tornati con i segni di una condotta sconveniente –
infiammazione sulle natiche, chiazze rosse su cosce e pancia – non si sarebbero
certo mostrati altrettanto indulgenti e gentili.
I
ragazzi trovavano divertente vederci seduti con i piedi a bagno e braccia e
mani avvolte nelle pezze di tela. Claire in particolare trovava esilarante la
vista dei nostri stupidi piedi da adulti. Mike dimenò per bene le dita, apposta
per lei, procurandole allarmanti scoppi di risa.
Comunque.
Sarebbe la stessa identica cosa, se ci incontrassimo ancora. oppure no. Un
amore non utilizzabile, che sapeva stare al suo posto (qualcuno lo definirebbe
non vero, perché non rischierebbe mai di farsi tirare il collo, né di
trasformarsi in una battuta volgare, né di consumarsi penosamente). Un amore
che non rischia niente, ma che si mantiene vivo come una goccia di miele, una
risorsa sotterranea. Con il peso di questo nuovo silenzio venuto a sigillarlo.
Non
chiesi mai a Sunny notizie di lui, né lei me ne diede, in tutti gli anni che la
nostra amicizia impiegò a morire.
Quelle
piante dai grandi fiori rosa-vioolacei non sono ortiche. Ho scoperto che si
chiamano eupatorium purpureum. Le ortiche nelle quali dovevamo essere finiti
sono una specie assai più ordinaria, dai fiori viola più pallido, spine
urticanti. Dovevano esserci anche quelle, inosservate, in mezzo al rigoglio del
prato incolto.
(…)
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