15 novembre 2018

da “Gabriella garofano e cannella” – Jorge Amado

dipinto di Horacio Cardozo
da “Gabriella garofano e cannella” – Jorge Amado

- Ma sai ballare?
- Non mi hai ancora visto? Guarda qua.
Immediatamente cominciò a ballare, aveva la danza nel sangue, i piedi inventavano i passi, il corpo abbandonato, mentre le mani battevano il ritmo.
Gabriella guardava e, siccome era fatta nello stesso modo, non riuscì a controllarsi. Abbandonò vassoi e dolci, tegami e polpettine, mentre con la mano s’alzava la gonna. Adesso ballavano assieme, il negretto e la mulatta, sotto il sole del cortile. Il mondo non esisteva più. Ad un certo punto, Tuisca si fermo, cominciò a battere sopra una latta vuota. Gabriella volteggiava, con la gonna volante, con le braccia che andavano e venivano al ritmo della danza, con il corpo che si abbandonava e si raccoglieva, con le anche ondeggianti, mentre la bocca rideva.
- Mio Dio, i vassoi...
Li prepararono in fretta, un vassoio sull’altro, il tutto sulla testa di Tuisca che si allontanò fischiettando la canzone. I piedi di Gabriella accennarono ancora qualche passo, com’era bello danzare. Un rumore di frittura arrivò dalla cucina, si affrettò.
Quando sentì entrare Chico Moleza nella casa a fianco, era già pronta. Prese la borsa con le vivande, infilò i sandali, si diresse alla porta. Avrebbe portato lei il pranzo a Nacib, anche per aiutarlo durante l’assenza del garzone. Tornò indietro, colse una rosa dal rampicante del cortile, infilò il gambo dietro l’orecchio, sentì i petali vellutati che le carezzavano il volto.

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