dipinto di Monica Luniak
Sonetto LXIV – Pablo Neruda
Per tanto amore la mia vita si tinse di viola
e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
tu sentisti un rumore di cuore infranto
e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
senz'essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
sorsi per vivere tra le tue mani,
mi sollevai dal mare alla tua gioia.
Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
nativa d'Aurcania, ciò che ti devo, amata.
E' senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
ciò che ti devo è come il pozzo di una zona silvestre
dove il tempo conservò lampi erranti.
e andai di rotta in rotta come gli uccelli ciechi
fino a raggiungere la tua finestra, amica mia:
tu sentisti un rumore di cuore infranto
e lì dalle tenebre mi sollevai al tuo petto,
senz'essere e senza sapere andai alla torre del frumento,
sorsi per vivere tra le tue mani,
mi sollevai dal mare alla tua gioia.
Nessuno può dire ciò che ti devo, è lucido
ciò che ti devo, amore, ed è come una radice,
nativa d'Aurcania, ciò che ti devo, amata.
E' senza dubbio stellato tutto ciò che ti devo,
ciò che ti devo è come il pozzo di una zona silvestre
dove il tempo conservò lampi erranti.
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